domenica 29 maggio 2011

Non picchiate i No Tav

"Lettera aperta del Movimento NoTav alle Forze dell'Ordine:
"Il Movimento No Tav lancia un appello ai cittadini in divisa che dovrebbero mettere in pratica quanto richiesto dalla politica. Il mondo politico e imprenditoriale auspica con bellicose dichiarazioni una soluzione “militare da parte delle Forze dell’Ordine” per liberare entro il 31 maggio l’area de La Maddalena per non perdere il finanziamento europeo alla nuova, inutile e devastante linea ferroviaria Torino Lione... Invitiamo tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine di qualsiasi corpo e grado a riflettere profondamente sulla situazione e sulle cause che l’hanno originata. Siete chiamati a facilitare con la forza l’avviamento di un progetto voluto dalle lobby politico/imprenditoriali/mafiose al solo scopo di poter mettere le mani su centinaia di milioni di euro di denaro pubblico.Nessuno di quelli che vi chiedono di intervenire è mai venuto a spiegarvi a cosa serve il TAV, avrete solo sentito dire che è indispensabile per il futuro dell’Italia anche perché è l’unica giustificazione che hanno dopo che il Movimento No TAV ha smontato scientificamente una dopo l’altra tutte le false motivazioni che avevano presentato. Siamo un movimento di cittadini determinati ma pacifici: non abbiamo mai distrutto vetrine o incendiato auto, abbiamo sempre e solo difeso il nostro territorio e il futuro della nazione e dei suoi cittadini, voi siete chiamati a difendere per un piccolo stipendio gli interessi di affaristi che - nel nome del progresso! - si nascondono dietro il paravento dei ruoli che occupano nello Stato e nell’imprenditoria. In uno Stato normale il ministro dell’Interno non dovrebbe essere un pregiudicato condannato in via definitiva a 4 mesi e 20 giorni proprio per “Resistenza ed Oltraggio a Pubblico Ufficiale”, il presidente del Consiglio non dovrebbe essere inquisito per avere – tra l’altro - favorito la prostituzione minorile, i Sottosegretari non dovrebbero essere collusi con la camorra, l’Organismo Lotta Anti Frode dell’Unione Europea non dovrebbe aprire inchieste sul TAV. In uno Stato normale le Forze dell’Ordine dovrebbero essere messe in condizione di lavorare al meglio nel contrasto alla criminalità, le scorte ed i relativi mezzi essere impegnati per proteggere chi ne ha bisogno e non per sollazzare attori ed escort...In uno Stato normale le Forze dell’Ordine non dovrebbero essere impegnate a tempo pieno per reprimere le proteste dei lavoratori che hanno visto delocalizzare le fabbriche, degli studenti e degli insegnanti che difendono la scuola pubblica, le manifestazioni delle popolazioni soffocate dalle discariche, le giuste proteste di chi non vuole morire a casa propria per le scorie nucleari e, per finire, chi da ventidue anni difende il proprio territorio da un’opera inutile, insostenibile economicamente e ambientalmente devastante. Stiamo lottando per tutti gli italiani e anche per gli altri cittadini dell’UE, vogliamo impedire che la devastazione economica originata dal TAV distrugga le finanze statali e gravi sulle generazioni future, compresi i vostri figli.Noi non arretreremo di un centimetro dalle nostre posizioni, la Maddalena è diventato un simbolo tra chi difende la propria dignità e il proprio territorio e chi vuole rapinare l’Italia. Per questo ci siamo presi la responsabilità di presidiare l’area de La Maddalena e di difenderla con tutti i mezzi disponibili. Concludiamo invitandovi a riflettere bene ancora una volta sulle reali motivazioni di chi vi chiede di intervenire per sgomberare con durezza cittadini impegnati legittimamente a difendere non solo casa propria ma l’intero Paese dalla distruzione ambientale ed economica. “né qui né altrove”". (dal blog di Beppe Grillo)

Giù le mani dal nostro Blog!

"Cari amici, purtroppo è accaduto il peggio. Per la prima volta in Italia e in Europa una Corte d'Appello ha condannato l'autore di un normalissimo blog, qual era "Accadeinsicilia", per stampa clandestina. Si tratta del secondo giudizio di merito, che in questo momento, nel clima pesante che l'Italia vive, può fare giurisprudenza e determinare la fine di una libertà civile che è emblema della nostra epoca. Sono arrivati attestati di sostegno dalla Fnsi, da "Ossigeno per l'informazione" diretta da Alberto Spampinato, da Articolo 21, da Sabina Guzzanti, da numerosi giornalisti e blogger italiani. E di queste testimonianze si ringrazia sentitamente. Oggi è uscito su "Il Fatto" edizione on Line, un articolo firmato di Enzo Di Frenna, che sintetizza bene ciò che non è più un "rischio", ma una realtà drammatica, che coinvolge circa 50mila blogger, dal 2 maggio etichettati come fuorilegge. Il giornalista del "Fatto", nel prendere atto che "in un polveroso palazzo di giustizia celebriamo la morte dei blog" avanza delle proposte, che meritano di essere discusse con la massima urgenza, perché non si arrivi all'irreparabile. Vi prego di fare circolare questo intervento e di pubblicarlo sui vostri blog e giornali, perché la discussione sia la più ampia possibile. Un caro saluto e a presto, Giovanna Corradini"

"All’inizio di maggio una sentenza della prima sezione penale della Corte di Appello di Catania ha equiparato un blog ai giornali di carta. Dunque commette il reato di stampa clandestina chiunque abbia un diario in Internet e non lo registra come testata giornalistica presso il tribunale competente, come prevede la legge sulla stampa n° 47 del 1948.La vicenda è paradossale e accade in Italia. Lo storico e giornalista siciliano Carlo Ruta aveva un blog: si chiamava Accadeinsicilia e si occupava del delicato tema della corruzione politica e mafiosa. In seguito a una denuncia del procuratore della Repubblica di Ragusa, Agostino Fera, quel blog è stato sequestrato e chiuso nel 2004 e Ruta ha subito una condanna in primo grado nel 2008. Ora la Corte di Appello di Catania, nel 2011, ritiene che quel blog andava considerato come un giornale qualsiasi – ad esempio La Repubblica, Il Corriere della Sera o Il Giornale – è dunque doveva essere registrato presso il “registro della stampa” indicando il nome del direttore responsabile e l’editore. La notizia farà discutere a lungo la blogosfera italiana: cosa succederà ora? Massimo Mantellini se la prende con Giuseppe Giulietti e Vannino Chiti per aver presentato in Parlamento la Legge 62 sull’editoria, che è stata poi approvata, con la quale si definisce la natura di prodotto editoriale nell’epoca di Internet. Ma il vero problema, a mio avviso, è la completa o scarsa conoscenza di cosa sia la Rete da parte di grandi pezzi dello Stato, incluso la magistratura. Migliaia di burocrati gestiscono quintali di carta e non sanno quasi nulla di cosa accade in Internet e nei social network. Questa sentenza, quindi, è un regalo alla politica cialtrona che tenterà ora di far chiudere i blog scomodi. Proveranno a imbavagliarci.In Italia ci sono oltre 50 mila blog. Soltanto BlogBabel ne monitorizza 31 mila. Nel mondo esistono almeno 30 milioni di blog e forse sono anche di più. I blog nascono come diari liberi on line, può aprirne uno chiunque. Una casalinga. Uno studente. Un professore universitario. Un operaio. Un filosofo. Chiunque. Ma adesso in Italia non è più possibile e possiamo dire che inizia il Medioevo Digitale. Nel mondo arabo i blog e i social network hanno acceso il vento della democrazia, il presidente americano Barack Obama plaude il valore di Internet e la libertà d’informazione, Wikileaks apre gli archivi segreti delle diplomazie, e noi, in Italia, in un polveroso palazzo di giustizia, celebriamo la morte dei blog.Ma la vogliamo fare una rivoluzione? Vogliamo scendere in piazza come gli Indignados spagnoli e inventarci qualcosa che faccia notizia in tutto il mondo? Vogliamo innalzare una grande scritta davanti alla Corte Costituzionale con lo slogan “Io bloggo libero, non sono clandestino!”. Eggià: perché gli avvocati di Ruta faranno appello in Cassazione e a quei giudici bisognerà far sapere che in Italia ci sono 50 mila persone libere che hanno un blog e confidano nell’articolo 21 della Costituzione, che permette la libertà di espressione con qualunque mezzo.Che ne dite? Ci proviamo? (Il Fatto Quotidiano)

"Si può organizzare un "evento storico" su Internet senza il "popolo" di Internet? Si può esaltare il ruolo di Internet nel rendere possibili cambiamenti democratici e poi essere reticenti o silenziosi sulla effettiva tutela dei diritti fondamentali in rete? Si può definire Internet "un bene comune" e poi affermare l'opposto, la sua sottomissione alla logica della proprietà privata?Sì, è possibile, per quanto contraddittorio o paradossale ciò possa apparire. È accaduto la settimana scorsa tra Parigi e Deauville, in occasione del G8 che Nicolas Sarkozy ha voluto far precedere da un grande incontro dedicato appunto ai problemi di Internet. Mettere questo tema al centro dell'attenzione mondiale poteva essere un fatto significativo se fosse stato accompagnato da presenze, proposte, conclusioni davvero corrispondenti alle dinamiche innovative, alle opportunità, alle sfide difficili che ogni giorno Internet propone a miliardi di persone. Non è stato così. Le molte parole dedicate a Internet nel comunicato finale del G8 sono vaghe quando si parla di libertà e diritti, e terribilmente precise quando vengono in campo gli interessi. Un esito prevedibile e previsto. Nelle parole di apertura di Sarkozy, infatti, Internet non è il più grande spazio pubblico che l'umanità abbia conosciuto. È, invece, un continente da "civilizzare", dunque un luogo dove si manifestano in primo luogo fenomeni negativi che devono essere eliminati.Questo rovesciamento di prospettive non sorprende. Sarkozy è il governante che più ha sostenuto la necessità di affrontare i problemi del diritto d'autore unicamente con norme repressive, riproponendo in ogni occasione la sua legge Hadopi come modello, e che ha subordinato il rispetto della stessa libertà di espressione alle esigenze di forme generalizzate di controllo (è appena uscita in Francia una raccolta di analisi critiche delle sue politiche dal titolo Sarkozysme et droits fondamentaux de la personne humaine). È il politico che affida la "grandeur" francese ad una agenzia pubblicitaria, che ha organizzato l'incontro di Parigi, e la fa puntellare dalla presenza di quei padroni del mondo digitale che si chiamano Google, Microsoft, Facebook, che tuttavia hanno profittato dell'occasione per rivendicare un intoccabile potere.Il comunicato finale del G8 rispecchia largamente questo spirito. Si parla del ruolo fondamentale di Internet nel favorire i processi democratici, ma non compare neppure un pallido accenno alle persecuzioni contro chi adopera la rete come strumento di libertà, alle decine di bloggers in galera in diversi paesi totalitari, alle forme indirette di censura in paesi democratici. Si subordina così il rispetto dei diritti fondamentali, della libertà di manifestazione del pensiero in primo luogo, alle logiche della sicurezza e del mercato, con un evidente passo indietro rispetto a quanto è da tempo stabilito, ad esempio, dal Patto sui diritti economici, sociali e culturali dell'Onu. Si inneggia alla presenza di tutti gli "stakeholders", dunque di tutti gli attori dei processi messi in moto da Internet, ma poi si opera una drastica riduzione di queste presenze a qualche ministro francese (assenti i politici di altri paesi, in particolare gli americani notoriamente assai critici) e ai rappresentanti delle grandi imprese.Una scelta così clamorosa e spudorata, che ha portato persino alla esclusione dei rappresentanti delle istituzioni che assicurano il funzionamento di Internet (Icann, Isoc), ha provocato una reazione dei pochi rappresentanti della società civile lì presenti, che hanno improvvisato una dura conferenza stampa, dove hanno preso la parola personalità rappresentative e tutt'altro che estremiste, come Lawrence Lessig e Yochai Benkler.Siamo in presenza di una preoccupante regressione politica e culturale. L'esclusione degli altri attori, del popolo di Internet, ha determinato la cancellazione delle più interessanti elaborazioni e proposte di questi anni su modalità e principi ai quali riferirsi per il funzionamento di Internet. Siamo tornati alla contrapposizione frontale tra regolatori, identificati con chi vuole imporre alla rete controlli autoritari, e difensori di una libertà in rete identificata con la libertà d'impresa. è stata ignorata la dimensione "costituzionale", quella che mette al primo posto una serie di principi fondamentali che tutti, legislatori e imprese, devono rispettare. Così stando le cose, sono ben fondate le critiche di chi ha parlato di un "takeover" dei governi su Internet, di una dichiarata volontà politica di mettere le mani sulla rete. E si è svelato pure il significato del richiamo al diritto di accesso da parte delle imprese. Quando Eric Schimdt, parlando per Google, ha detto che l'unico compito dei governi deve essere quello di assicurare a tutti l'accesso ad Internet, certamente ha colto un punto essenziale, come dimostrano le molte costituzioni e leggi che in tutto il mondo stanno affrontando questo tema. Ma la sua indicazione si concreta poi in una richiesta volta soprattutto a rendere possibile la fornitura di servizi capaci di generare crescenti risorse pubblicitarie (ultimo Google Wallet), dunque di immergere sempre più profondamente le persone nella logica del consumo, mentre altra cosa è il libero accesso alla conoscenza in rete.Certo, le imprese fanno il loro mestiere. Ma la loro capacità di produrre innovazione non può tradursi nella legittimazione ad essere gli unici regolatori di Internet. Perché è proprio così, dal momento che dispongono delle informazioni sui loro utenti, che sono i decisori unici e finali di molte controversie su che cosa deve entrare o rimanere in rete, che troppe volte hanno accettato le imposizioni di governi con l'argomento che stare sul mercato significa rispettare le regole nazionali, che esercitano un enorme potere economico.I pallidi e retorici accenni alla privacy nel comunicato del G8, l'assenza di riferimenti alle posizioni dominanti di molte imprese, rivelano l'intento di una politica che vuole salvaguardare i propri poteri autoritari riconoscendo alle imprese un potere altrettanto autoritario. Inquieta, poi, la mancata analisi del tema della neutralità della rete, essenziale presidio per libertà e eguaglianza.Ma questo disegno, questa nuova distribuzione del potere planetario non sono una via regia che potrà essere percorsa senza resistenze. Si potrà far leva sulle stesse contraddizioni del comunicato, cercando di rovesciarne le gerarchie e mettendo così al primo posto i riferimenti a libertà e diritti, alla pluralità degli attori.Alla povertà e all'autoritarismo di quel comunicato si potrà opporre la ricchezza del rapporto dell'Onu sulla libertà di espressione che sarà presentato nei prossimi giorni a Ginevra. Peraltro, non sembra che tutti i governi siano pronti ad identificarsi con quella linea, come già mostrano alcune indirette riserve americane e le interessanti dichiarazioni del ministro degli Esteri tedesco. E soprattutto i soggetti e i progetti cancellati dal G8 con una mossa autoritaria rimangono vitalissimi e con essi, con la forza propria di Internet, bisognerà pure fare i conti.La grande partita politica di Internet rimane aperta". (Stefano Rodotà-La Repubblica)

Una risata li seppellirà

"Esplode un arcobaleno in piazza del Duomo, dopo la tempesta. Scoppia la voglia di ridere di Milano, in fondo a una campagna mai così brutta, sporca e cattiva. Ma poi è stato davvero così? Gli insulti fanno sempre notizia.Ma la vera novità della campagna per il sindaco di Milano, almeno nelle ultime settimane verso il ballottaggio, è stato il ritorno di un'arma fra le meno frequentate dalla politica italiana: l'ironia. Sulle magliette arancioni dei ragazzi in piazza del Duomo. "Sono senza cervello". "Milano libera tutti". Nelle radio, nei capannelli, nei bar, soprattutto sulla rete, a fiumi, come antidoto ai veleni della televisione. È accaduto di colpo, come una liberazione. Il film horror della destra si è rovesciato in uno "Scary movie" da sbellicarsi. Le accuse sempre più gravi e incredibili mosse al mite Giuliano Pisapia si sono ribaltate, attraverso la parodia, nella principale fonte di propaganda a suo favore. Il più riuscito esempio di questa parodia della paura è il video oggi più cliccato su Internet. "Il favoloso mondo di Pisapie", un cortometraggio gioiello. Pochi minuti in cui si raccontano i tormenti e gli incubi di un elettore indeciso che prova a immaginarsi la Milano in mano ai "rossi". Pisapia che ringrazia dai manifesti gli amici di Al Qaida, consegna le chiavi della Torre Velasca ai centri sociali, accoglie sulle rive dei navigli le barche dei clandestini. In una Milano dove i multisala proiettano soltanto film di
Nanni Moretti, i parchi pullulano di omosessuali tossicomani, gli impiegati del Comune distribuiscono eroina zona per zona, si paga l'Ecopass anche per andare a Sesto San Giovanni. Fino all'inevitabile chiusura con furto d'auto. Il clima alla Tarantino, anzi da vecchio film con Luc Merenda ("Milano trema...") era un'occasione troppo ghiotta per le schiere di comici impegnati col candidato di sinistra. Dal principio alla fine la satira, da Dario Fo all'ultimo blogger, è stata un elemento fondamentale della campagna milanese, per quanto ignorato dai media a caccia di titoloni. Fino ai molti sorrisi della serata di chiusura, sul palco del Duomo, con la parodia papale di Lella Costa ("Quando tornate a casa, date una carezza ai vostri figli e dite loro che la manda Pisapia"), le imitazioni di Marcorè, la verve di Bisio, l'elenco esilarante in finto stile Saviano di Massimo Cirri sui motivi per non votare Pisapia: "Primo, ha inventato le zanzare...". Il vero comico sceso in campo nel voto di Milano non è stato Beppe Grillo, sempre meno divertente. Piuttosto Maurizio Crozza, dal quale infatti Pierluigi Bersani ha deciso di chiudere la campagna, con un duetto memorabile in cui il segretario del Pd, con tempi comici perfetti, ha accettato di ripetere le celebri frasi fatte luogocomuniste. E dunque "ragazzi, non siamo mica qui a tagliare i bordi ai toast", "non siamo qui a spalmare l'Autan sulle zanzare", "a smacchiare i giaguari", "a mettere i pannelli fotovoltaici alle lucciole" e via delirando. A Crozza va del resto il merito d'aver colto per primo, a Ballarò, le potenzialità comiche della strategia della paura. Quando per esempio, dopo aver illustrato le cattive abitudini dell'avvocato mariuolo ("Era lì che svitava un'autoradio..."), ha lanciato l'appello: "Ma è possibile che con un simile delinquente in giro per Milano, Batman se ne stia a casa e non intervenga?". Perché la vera svolta umoristica della campagna di Milano è venuta, come spesso capita, da un fatto vero. La scoperta della bat-casa del bat-figlio della bat-sindaco Letizia Moratti. Una vicenda che ha rovesciato il clima cittadino. Non solo e non tanto per la portata dell'abuso edilizio, quanto per il fragoroso abuso di cattivo gusto. Davanti a quelle immagini del loft da Gotham City, al dark tinello e alla piscina d'acqua di mare, si poteva scegliere se scandalizzarsi o scoppiare a ridere e i milanese hanno optato per la seconda ipotesi.Da allora è scattata la rivoluzione dell'ironia, la mossa da judoka che ha usato l'aggressività dell'avversario per restituirla come boomerang comico. Il blog di Red Ronnie, sostenitore della Moratti e diffusore di terrificanti leggende metropolitane sull'avversario "comunista", è stato invaso di messaggi grotteschi. Una piccola antologia del buonumore, con in cima l'anonimo rapper di "Non trovo più Red Ronnie, l'ha preso Pisapia". La parodia è diventata l'unica forma efficace di reazione ai colpi troppi bassi di una politica troppo volgare e menzognera per esser più presa sul serio. Per le strade di Milano tutti, perfino qualche elettore di destra, s'è messo a canticchiare le parodie musicali di Elio e Le Storie Tese o della ormai mitica Sora Cesira di "Incarcerabile", variazione di Laura Pausini dedicata naturalmente a lui e ai suoi incubi: "Perché se vince Pisapia/ temo tu debba andare via". È presto per dire se da Milano partirà la risata capace di seppellire la politica della paura e del rancore. Negli ultimi anni l'ironia, tanto più contro Berlusconi, non ha portato fortuna. A cominciare dal Mino Martinazzoli del '94, che al Cavaliere sventolante fantasmagorici sondaggi ("Il 65 per cento degli italiani mi vuole premier"), aggiungeva: "Risulta anche che il 99 per cento dei cinesi lo voglia imperatore". Ma i tempi cambiano, il vento politico fa il suo giro, i linguaggi invecchiano e soprattutto la rete, Facebook, Twitter, i blog fanno sembrare decrepita le risse televisive. E questa sì è una novità seria". (Curzio Maltese-La Repubblica)

sabato 28 maggio 2011

Nessuno tocchi gli indignati

"Questa sera a Wembley si terrà la finale di Champions League tra Barcellona e Manchester United. Chiedo ai giocatori del Barca di dare la loro solidarietà ai ragazzi di Plaza de Catalunya manganelllati a sangue e colpiti da proiettili di gomma dagli agenti della polizia regionale Mozos d'Escuadra. Chiedo a Messi e a suoi compagni di squadra di giocare con il lutto al braccio. Sarebbero dei grandi gesti.La piazza è stata sgombrata con la forza per motivi di "igiene pubblica", per evitare disordini con i tifosi che seguiranno dal maxi schermo la partita. Sono stati feriti 99 ragazzi e due sono stati arrestati. I giovani del Movimento 15 maggio, si erano rifiutati di abbandonare la "acampada", il presidio permanente. I loro banchetti sono stati distrutti, i computer sono stati sequestrati insieme a ogni materiale. Di fronte all'aggressione i ragazzi si sono sdraiati a terra al centro della piazza legandosi tra loro con braccia e gambe in un groviglio inestricabile. I poliziotti non riuscivano a sollevarli. Sembravano agnelli dentro un recinto invisibile circondati da aguzzini che sceglievano di volta in volta chi picchiare. Un colpo, due passi, un po' di sangue, un grido. Una corrida catalana con i manganelli al posto delle banderillas. Quelle mani alzate, quegli sguardi increduli sono sempre gli stessi da piazza Tienmanen ad oggi. Il potere non si fa processare sulle pubbliche piazze e il presidente Artur Mas del partito nazionalista di centro destra alla guida della Catalogna non fa eccezione. Quando i poliziotti vestiti come Darth Vader in Star Wars, inconoscibili dietro ai caschi, massacrano degli studenti colpevoli solo di protestare, allora bisogna risalire ai mandanti, ai politici. I poliziotti, in questi casi, sono solo degli esecutori mal pagati. Così come oggi colpiscono un ragazzo inerme, domani attaccherebbero a un palo un politico corrotto se ordinato da un nuovo governo. Obbediscono, di volta in volta, a chi detiene il potere e gli garantisce l'immunità. Il ruolo della Polizia va ripensato. Non deve essere consentito picchiare dei cittadini perché si veste una divisa. Se lo fai vai in galera per lesioni colpose e dopo si butta via la chiave.I catalani si sono indignati alla vista dei ragazzi insanguinati e sono accorsi in massa in Plaza de Catalunya. Hanno ricostruito il presidio, rimesso gli striscioni e portato nuovi computer. E' un'onda che i vecchi regimi costruiti sui partiti e sulla delega elettorale in bianco non capiscono e cercano di fermare con la forza, ma è come opporsi a uno tsunami con le mani. Artur Mas i Gavarró stasera farà il tifo davanti alla televisione mentre un grande cartello rimarrà appeso in Plaza de Catalunya con la scritta "Ora siamo più forti". (dal blog di Beppe Grillo)

Chi ha un'idea la Rete lo finanzia

"C'era una volta chi aveva una grande idea, il sogno di una vita, un progetto su cui avrebbe scommesso anche la mamma, ma nessun mezzo a disposizione per realizzarlo. Oggi c'è Internet e ci sono i social network. E una cosa che si chiama crowdfunding, ovvero finanziamento dal basso, di massa, che punta sull'enorme potenziale di amici e contatti in rete e sfrutta Internet come bacino per la raccolta di fondi. Idea amatoriale? Mica tanto: col crowdfunding il Louvre ha comprato un quadro di Cranach, Le Tre Grazie 1: a forza di singoli contributi, da un minimo di un euro a donazioni ben più consistenti, il museo parigino è riuscito a mettere insieme in un mese un milione di euro, la cifra che mancava per poter aggiungere alla sua collezione la preziosa tela. Tous mécènes, tutti mecenati: questo il nome della campagna che ha permesso di raggiungere l'obiettivo grazie alla massa critica della rete e che distilla perfettamente l'essenza del fenomeno. Con le microdonazioni, poi, Barack Obama, molto attento al web 2.0, su internet ha raccolto 500 milioni di dollari per la sua campagna elettorale, un caso che ha fatto scuola. L'idea del crowdfunding è semplice: l'unione fa la forza e il mezzo è la rete. Si propone un progetto e chi lo trova interessante può sostenerlo ovunque si trovi, dando un contributo. Donazione dopo donazione, clic dopo clic, si contribuisce a realizzare il budget richiesto per dare vita all'idea. Se lo si raggiunge, nel tempo che
ci si è prefissato, si incassano i fondi e, via, si parte. I big all'estero. Kickstarter 2, la "più grande piattaforma per promuovere progetti creativi nel mondo", come si presenta, da New York, è stato il precursore, scommettendo sul fatto che una buona idea, se presentata nel modo giusto, viaggia veloce. E che un gruppo allargato di persone può diventare una strepitosa miniera di fondi ed incoraggiamento. Su Kickstarter, ad esempio, ha visto la luce Diaspora 3, social network open source, che fa della difesa della privacy la propria bandiera. Una sorta di anti-Facebook che sulla piattaforma ha raccolto 200mila dollari, ben oltre i 10mila richiesti per la partenza. All'estero il canale è ben testato e ha dato risultati a diverse cifre, soprattutto in ambito artistico e creativo. Colossi come Indiegogo 4 o la vetrina francese di Ulele 5, coinvolgendo la comunità del web, sono riusciti a presentare migliaia di progetti, bizzarri o meno: dall'idea di ripristinare la connessione internet a Misurata, in Libia, al lancio del primo cd per l'esordiente Melissa Simonson. Altri siti vanno più sullo specifico: Spot us 6- che ha anche un equivalente italiano 7 - ad esempio è una start-up che fa incontrare freelance e lettori, che possono decidere di finanziare inchieste o reportage specifici, ricevendo poi aggiornamenti sullo stato di avanzamento del progetto. O emphas.is, 8 per il crowdfunding applicato al fotogiornalismo, mentre Sellaband 9 cerca finanziamenti esclusivamente per promuovere la musica. Il crowdfunding si è rivelato prezioso anche nel sociale e per la gestione di emergenze: basta pensare a Causes 10, una applicazione su Facebook che permette di far cassa per diverse campagne - e una delle ultime è stata quella per il terremoto in Giappone - che, dal 2004 ha finanziato 300mila progetti, raccogliendo 16 milioni di dollari. Il panorama italiano. E in Italia? Qualcosa si muove ma l'idea fatica a decollare, un po' per diffidenza, un po' per la difficoltà a far capire esattamente di cosa si tratta. Uno dei primi siti è stato YouCapital 11 - legato all'associazione no profit Pulitzer - pensato per giornalisti, freelance o blogger che hanno un'inchiesta da realizzare e cercano fondi, che oggi ha oltre 21mila sottoscrittori. Eppela 12, piattaforma di crowdfunding made in Italy, è l'ultimo arrivo, nata da poche settimane per finanziare dal basso idee e progetti, come costola dell'agenzia di comunicazione anteprimaADV. Si rivolge a talenti europei, appassionati o professionisti, privati o istituzioni, dando loro una vetrina dove poter presentare le proprie idee, divise in categorie: Public e no profit, art e entertainment, Life e technology. "E' un progetto aperto e indipendente", ci tiene a spiegare Nicola Lencioni, amministratore delegato, "cui tutti possono partecipare". L'importante è che l'idea sia buona. "Eppela è pensata come uno spazio a 360 gradi, dove si possono avere informazioni ed interagire su diversi livelli, in un'ottica di acquisto e non di charity". Cioè? Si donano, ad esempio, due euro per un progetto in ambito musicale ma in cambio si ha qualcosa di esclusivo, che può andare da un incontro con l'artista che si sceglie di sostenere, al cd autografato che si ha contribuito a far realizzare. Chi dona riceve cioè un plus personalizzato. "Ci sono tantissimi progetti che potrebbero diventare fiori all'occhiello, ma rischiano di non vedere mai la luce se non si hanno le possibilità o gli agganci giusti. Perché i canali tradizionali di finanziamento preferiscono investire sul sicuro e non correre rischi. Eppela vuole dare a loro una chance", dice ancora Lencioni, "che si tratti di singoli o istituzioni", sfruttando le potenzialità della rete e la sua capacità di aggregazione.Come funziona. Il modello che segue Eppela è quello di Kickstarter: dopo aver superato uno screening di qualità e specifiche di eticità, il progetto può essere presentato sulla piattaforma. Si fissa un budget minimo da raggiungere entro una precisa scadenza e una serie di "ricompense" di crescente importanza a secondo dell'importo donato. Si cerca poi di pubblicizzare il più possibile fra amici e contatti l'idea. Se il budget si raggiunge, la raccolta fondi può continuare, senza limiti, fino alla scadenza prevista. In quella data, all'autore si verrà versata l'intera somma realizzata e il 5 per cento andrà a Eppela. Se il budget non si raggiunge, il progetto viene chiuso e nessuno ci rimette o guadagna nulla. Un canale ormai rodato all'estero. In Italia però ci si scontra ancora con il pregiudizio legato all'online e alla sicurezza. "Siamo ancora indietro rispetto agli altri", ammette Lencioni, eppure 7 persone su 10 hanno una connessione internet e siamo i secondi in Europa per uso di social network". Il primo progetto di Eppela è Eppela stesso: budget fissato 12mila euro, deadline a 30 giorni. "E' una pura provocazione, per metterci in discussione", dice Lencioni. A una settimana dalla scadenza, rimane da coprire circa un terzo del del budget prefissato. Parola chiave: trasparenza. Il segreto del successo sta tutto nella trasparenza, per Creative Swarm 13, piattaforma open source creata da un team di italiani per far incontrare progetti creativi con potenziali supporter. "Cerchiamo di differenziarci in diversi modi", racconta Sebastiano Amato, ingegnere, informatico e presidente e cofondatore di Creative Swarm, ora in fase di ridefinizione. "Vogliamo essere completamente cristallini", spiega, "e per questo ci siamo costituiti come associazione no profit. E ci sembra importante tutelare le idee messe on line, certificandone la data di immissione, per mettere al riparo gli autori da eventuali plagi, cosa che purtroppo, a volte, succede", spiega. Su Creative Swarm, sciame creativo, i progetti vengono valutati in base al gradimento del pubblico, al valore dell'idea stessa e in base ad un rating anche etico sulle informazioni che l'autore da di sé stesso. Per i tempi di raccolta dei fondi "non c'è una slot fissa", dice Amato, ma in funzione del rating del progetto e della cifra che si vuole raggiungere, si decide un tempo massimo. E non è detto che il contributo debba essere strettamente finanziario: "sulla piattaforma un progetto si potrà sostenere anche in altro modo, come un libero professionista che decide di aiutare una start-up mettendosi a disposizione gratuitamente come consulente, o un'azienda che decide di concedere uno spazio fisico per un progetto in fase di nascita", chiarisce Amato, che conta di essere pienamente operativo con la piattaforma il prossimo anno. Amici e contatti? Un capitale. "With a little help from my friend", cantava Joe Cocker. E gli amici in genere sono bendisposti a dare una mano anche mettendo mano al portafogli, ma si devono fidare. Capire dove va esattamente il loro contributo, essere informati dei progressi, sentirsi coinvolti. Ne è convinto Alberto Falossi, consulente informatico e professore all'università di Pisa, dove insegna come sfruttare l'informatica in azienda e nel business. E' lui la mente dietro Kapipal 14, sito italiano di crowdfunding - anche se tutto in inglese - partito nel 2009 il cui mantra è i "tuoi amici sono il tuo tesoro". Sono loro che ti fanno realizzare i tuoi sogni, si legge nel manifesto sul sito. Che continua così: il tuo capitale dipende dal numero di amici, e dalla fiducia e in ultimo cresce a forza di passaparola. Quello della fiducia è un aspetto chiave, dice Falossi, ricordando che almeno la metà dei progetti in cerca di crowdfunding non trova contributi, sia su Kapipal come sul gigante Kickstarter, perché gli utenti non donano agli sconosciuti oppure perché la comunicazione non ha funzionato. Kapipal - un gioco di parole su capital e pal, amico - a differenza degli altri punta soprattutto su progetti personali. A colpi di mouse si può donare, attraverso Paypal, per la causa che si trova più degna, accattivante, originale o semplicemente simpatica. Si può scegliere, ad esempio, di sostenere Katie Bradley, una ragazza di 14 anni inglese con tanto di occhioni blu imploranti, che vuole andare ai campionati mondiali junior di taekwondo in Gran Bretagna, ma ha bisogno di tirare su 250 sterline. Aiutare una scuola del Perù che deve comprare una lavagna o dare una mano ad Ayana a comprare il regalo di compleanno ideale per il suo Curtis, qualcosa di davvero speciale ma un po' fuori budget per lei. "Finora abbiamo raccolto circa 280mila dollari, ma il grosso del traffico viene da fuori, dalle Americhe soprattutto", dice Falossi. "In Italia la percentuale è ancora modesta, anche se qualcosa sta cambiando". Scontiamo un problema culturale, di diffidenza verso carte di credito e pagamenti on line. "Ma se si riescono a coinvolgere amici e familiari, allora va decisamente meglio. Per questo preferisco i progetti piccoli, dalla lista di nozze al cellulare nuovo", racconta. Il papà di Kapipal crede in questa forma di mecenatismo moderno digitale e scommette che prima o poi crescerà anche da noi. "Il potenziale è enorme" dice, "è la potenza della folla". Non sarà la soluzione a tutti i problemi, anche in tempi di crisi, ma "se nel tuo piccolo hai già investito fra i tuoi amici, qualcosa ti ritorna, anche in termini economici", conclude. E' il capipalismo, stupido". (La Repubblica)

venerdì 27 maggio 2011

Io voto Giuliano Pisapia a Milano e Luigi De Magistris a Napoli

Comunque vadano queste elezioni, il giocattolo berlusconi si è finalmente rotto, Io, quando nel '94, per la prima volta questo personaggio vinse in politca, decisi di andarmene a vivere in Costa d'Avorio. Per il mio lavoro lo conoscevo già da anni e non presagiva niente di buono, Ci sono però voluti quasi vent'anni prima che gli italiani iniziassero a svegliarsi, cloroformizzati da una cricca senza scrupoli accapparratutto che lui stesso aveva sdoganato in Italia. Già due anni fa chiedevo un suo impeachement ma nessuno, o pochi, mi ascoltarono. Non si sa questa agonia quanto durerà ancora e quanto dovremo pagare della megolomania ed ignoranza di quest'uomo rozzo, senza scrupoli ed egocentrico. Non sappiamo quanto ancora dovremo subire da questo satrapo miliardario che vuole ergersi a vittima della giustizia, ma che è invece dentro decine di processi perché lui stesso ha violato la giustizia, che si è arricchito corrompendo giudici e chissà che altro, minacciando, ossequiando, gettando melma sui suoi avversari, portandoci nelle braccia dei peggiori dittatori per stringere suoi affari privati, portando l'Italia sull'orlo della rovina. Quest'uomo dovrebbe stare in galera e non a fare il primo ministro perché tante vite sono state rovinate dalla sua avidità, prepotenza e mancanza di cultura. Forse a Milano e Napoli ci sarà il primo sassolino che rotola, sperando che diventi una valanga di voti che lo seppellirà insieme alla sua cricca senza nessuna pietà, così come lui non ne ha avuta per tutti noi.


I processi di Berlusconi:
"1)P2, Falsa testimonianza L'accusa: falsa testimonianza. La sentenza: condannato per aver giurato il falso davanti al Tribunale di Verona a proposito della sua iscrizione alla P2. L'amnistia del 1989 però copriva il reato, che è estinto.
2)Tangenti alla Guardia di Finanza. L'accusa: tangenti a ufficiali della Guardia di finanza per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società. La sentenza: in primo grado è condannato a 2 anni e 9 mesi per le quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti generiche, in questo modo la prescrizione scatta per tre tangenti. Per una invece viene concessa l'assoluzione con formula dubitativa del comma 2 dell'art. 530 del Codice di procedura penale che comprende la vecchia insufficienza di prove. La Cassazione assolve Berlusconi per non aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza di prove.
3)All Iberian 1. L'accusa: finanziamento illecito estero su estero, tramite il conto All Iberian, a Bettino Craxi. La sentenza: la condanna arriva in primo grado e corrisponde a 2 anni e 4 mesi. In appello, scatta la prescrizione. La Cassazione la conferma.
4)All Iberian 2. L'accusa: falso in bilancio.La sentenza: l'inchiesta giudiziaria si chiude il 26 settembre 2005 con l'assoluzione di Silvio Berlusconi. La sentenza recita: "Assolto perché il fatto non costituisce più reato". Il secondo Governo Berlusconi infatti approva la la riforma del diritto societario che depenalizza il reato di falso in bilancio.
5)Medusa cinematografica. L'accusa: falso in bilancio e frode fiscale per le operazioni legate all'acquisto della casa cinematografica Medusa dalla società Finivest (Reteitalia). La sentenza: in primo grado viene condannato a un anno e quattro mesi. In appello viene assolto con formula dubitativa del comma 2 dell'art. 530 del Codice di procedura penale che comprende la vecchia insufficienza di prove. La Cassazione conferma tutto.
6)Terreni di Macherio. L'accusa: apporpriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio, sostenendo che attraverso l'operazione di acquisto dei terreni di Macherio, le società del gruppo Fininvest avrebbero accantonato quasi cinque miliardi da utilizzare per pagamenti non proprio cristallini, tanto da non poter apparire nei bilanci ufficiali delle società del gruppo. La sentenza: in primo grado è stato assolto dai reati di appropriazione indebita e di frode fiscale, mentre per le due imputazioni di falso in bilancio contestate è scattata la prescrizione. Nell'ottobre del '99 viene confermata l'assoluzione per il reato di frode fiscale e per uno dei due falsi in bilancio. Il secondo invece è coperto dall'amnistia.
7)Processo Lentini. L'accusa: falso in bilancio. Secondo l'accusa, l'acquisto del giocatore del Torino, Gianluigi Lentini, avvenne in parte alla luce del sole e per il resto con un pagamento fuori bilancio di 10 miliardi delle vecchie lire. La sentenza: il processo si conclude definitivamente con il proscioglimento di Berlusconi per intervenuta prescrizione del reato.
8)Bilanci Fininvest 1988-92. L'accusa: falso in bilancio e appropriazione indebita. La sentenza: archiviazione per prescrizione dei reati di falso in bilancio e appropriazione indebita nell’acquisto di diritti televisivi da parte di alcune società off-shore del gruppo Fininvest, a causa delle attenuanti generiche.
9)Consolidato Fininvest. L'accusa: fondi neri. Il gruppo Fininvest si sarebbe servito tra il 1989 e il 1996 di una "tesoreria occulta", in grado di movimentare i 750 milioni di euro (1500 miliardi di vecchie lire) attraverso 60 conti bancari e decine società estere. La sentenza: i fatti entrano in prescrizione, il governo aveva dimezzato i tempi di prescrizione con una legge ad hoc.
10)Lodo Mondadori. L'accusa: corruzione in atti giudiziari. L'avvocato di Silvio Berlusconi, Cesare Previti, viene accusato di aver comprato il giudice Metta in modo da ottenere una decisione a suo favore nel giudizio di impugnazione per nullità del Lodo Mondadori, dal cui esito dipendeva la proprietà della casa editrice.La sentenza: in primo grado viene condannato Cesare Previti. Grazie alla concessione delle attenuanti generiche il reato è stato dichiarato prescritto dalla Corte d'Appello di Milano e dalla Corte di Cassazione.
11)Processo Sme/Ariosto 1. L'accusa: corruzione dei giudici di Roma nell'intricata vicenda della vendita del comparto agro-alimentare dell'Iri alla Cir, la finanziaria di Carlo De Benedetti. La vicenda giudiziaria risale al 1985, quando una cordata di industriali formata tra gli altri da Silvio Berlusconi, Michele Ferrero e Pietro Barilla, scese in campo su sollecitazione dell'allora premier Bettino Craxi per contrastare la vendita della Sme (il colosso pubblico del settore alimentare), già firmata dal presidente dell'Iri Romano Prodi, a favore della Cir di Carlo De Benedetti.La sentenza: assoluzione con formula piena.
12)Processo Sme/Ariosto 2. L'accusa: falso in bilancio nell'ultimo stralcio di procedimento nato con il caso-Sme. Gli episodi contestati all'ex premier risalivano alla fine degli anni Ottanta.La sentenza: viene assolto perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Il secondo Governo Berlusconi infatti approva la la riforma del diritto societario che depenalizza il reato di falso in bilancio.
13)Mediaset (processo aperto). L'accusa: falso in bilancio e frode fiscale.La situazione: l'indagine, partita agli inizi del 2001, ha scoperto un metodo secondo cui, attraverso la mediazione dell'agente di origini egiziane, Frank Agrama, Mediaset sovrafatturava il prezzo dei format televisivi acquistati dalle case di produzioni statunitensi. I pagamenti avvenivano attraverso conti esteri. il processo si è fermato due volte per legittimo impedimento. È destinato alla prescrizione.
14)Caso Mills (processo aperto). L'accusa: corruzione in atti giudiziari per aver compensato l'avvocato inglese David Mills con 600 mila dollari. La falsa testimonianza del legale inglese per essere favorito nel processo All Iberian e in quello sulle presunte tangenti alla Guardia di Finanza.La situazione: il processo in cui è imputato Berlusconi è uno stralcio di quello principale, ed è tutt'ora in corso. Ma ha subito numerosi stop per il legittimo impedimento, la prescrizione scatta nel 2012. David Mills invece è stato condannato a 4 anni e 6 mesi. La condanna però viene annullata: il reato pur essendo stato commesso è prescritto.
15)Mediatrade (processo aperto). L'accusa: appropriazione indebita e frode fiscale.La situazione: il procedimento è in corso davanti al gup Maria Vicidomini. Serviranno diversi mesi prima di sapere se il premier verrà rinviato a giudizio o prosciolto, dopo lo stop della Consulta sul "legittimo impedimento".
16)Ruby (processo aperto). Le accuse: concussione e prostituzione minorile.La situazione: Berlusconi viene rinviato a giudizio dal gup Cristina Di Censo. La prima udienza di smistamento c'è stata il 6 aprile. La prossima sarà il 31 maggio". (La Repubblica)

"Infondate un par di palle. Ha ragione B: il mondo deve conoscere le accuse infondate da subìto. Cioè nessuna. Ma anche quelle fondate. Cioè quasi tutte. Breve memorandum sui procedimenti penali già conclusi (restano aperti i casi Mills, Mediaset, Mediatrade, Agcom-Annozero e Ruby) per i leader del prossimo G8, nel caso malaugurato che l’Italia sia ancora rappresentata da lui.
1. Falsa testimonianza P2. Accusa fondata: la Corte d’appello di Venezia dichiara B. colpevole, ma salvo per amnistia.
2. Corruzione Guardia di Finanza. Accusa fondata: Fininvest pagò tre tangenti di £ 100 milioni ciascuna per addomesticare verifiche fiscali. Il corruttore Sciascia e i finanzieri corrotti sono condannati, B. è assolto per “insufficienza probatoria” grazie alla falsa testimonianza di Mills.
3. Fondi neri sui terreni di Macherio. Accusa parzialmente fondata (£ 4,4 miliardi pagati in nero all’ex proprietario): B. assolto da appropriazione indebita, frode fiscale e un falso in bilancio; salvo per amnistia da un altro falso in bilancio.
4. Fondi neri sull’acquisto di Medusa. Accusa fondata: il manager Fininvest Bernasconi dirottò £ 10,2 miliardi in nero su 5 libretti al portatore di B., che però è assolto dal falso in bilancio per insufficienza di prove: è troppo ricco per potersi essere accortodell’introito. Lo incassò a sua insaputa.
5. All Iberian-1. Accusa fondata: condannato in primo grado a 28 mesi per £ 23 miliardi di finanziamenti illeciti a Craxi, B. si salva in appello per prescrizione grazie alle attenuanti generiche.
6. All Iberian-2. Accusa fondata: B. assolto dai falsi in bilancio per £ 1200 miliardi di fondi neri esteri “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” (depenalizzato dallo stesso B.).
7. Caso Lentini. Accusa fondata: per i 10 miliardi versati in nero dal Milan al Torino in cambio del calciatore, il falso in bilancio è prescritto grazie alle attenuanti generiche e al taglio della prescrizione previsto dalla riforma del governo B.
8. Bilanci Fininvest 1988-‘92. Accusa fondata: prescrizione del falso in bilancio e dell’appropriazione indebita nell’acquisto di diritti tv, per attenuanti generiche e prescrizione abbreviata da B.
9. Consolidato Fininvest. Accusa fondata: ancora prescrizione grazie alle generiche e ai nuovi termini della legge B. anche per i falsi in bilancio da £ 1500 miliardi di fondi neri su 64 società offshore del “comparto B” della Fininvest.
10. Sme-Ariosto/1. Accusa infondata: non c’è prova che i sicuri pagamenti di Previti ai giudici Squillante e Verde con soldi Fininvest fossero legati all’affare Sme e ordinati da B. (assolto).
11. Sme-Ariosto/2. Accusa fondata:B.assolto dai falsi in bilancio relativi ai pagamenti ai giudici “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” (l’ha depenalizzato lui).
12. Mondadori. Accusa fondata: gli avvocati Fininvest Previti, Pacifico e Acampora corruppero il giudice Metta con £ 420 milioni (soldi di B.) per annullare il lodo Mondadori, ma B. si salva grazie alla prescrizione abbreviata dalle solite generiche.
13. Corruzione Saccà. Accusa parzialmente fondata: è provato da intercettazioni che B. chiese a Saccà di sistemare a Raifiction alcune sue protette e gli promise aiuti per la sua attività privata di imprenditore,ma è assolto perché Saccà (dirigente del servizio pubblico) non sarebbe un incaricato di pubblico servizio.
14. Compravendita senatori. Accusa parzialmente fondata: B. e suoi uomini offrirono posti di sottogoverno e sostegno elettorale al sen. Randazzo (Unione) per votare contro Prodi. Ma B. è prosciolto: non è istigazione alla corruzione, solo “malcostume”.
15. Caso Sanjust. Accusa parzialmente fondata: l’ex marito di Virginia Sanjust, amante di B.,fu degradato e trasferito dal Sisde per ordine di Palazzo Chigi. Ma B. è assolto dall’abuso d’ufficio e dal mobbing: il trasferimento potrebbero averlo deciso Letta e il gen. Mori. Come sempre, a sua insaputa". (Marco Travaglio)

Fermate quel pazzo!

"C'è un primo ministro, nel vertice del G8 a Deauville, che utilizza il palcoscenico internazionale per danneggiare il suo Paese, vilipenderlo con i leader delle grandi democrazie mondiali, e presentarlo come uno Stato che è fuori dalle regole dell'Occidente, anzi in pericolo di dittatura.Quel premier ha evidentemente perso la testa. Sommerso dall'affanno per il suo destino, guidato dal sentimento dell'avventurista che si gioca ogni volta l'intera posta perché vive d'azzardo e colpi di mano, ha perduto anche il senso delle proporzioni, oltre che il comune buonsenso, di cui si vantava d'essere campione. Così abbiamo dovuto assistere alla scena penosa di un presidente del Consiglio vistosamente fuori posto e fuori luogo nel vertice dei Grandi (che chiede a Gheddafi di cessare le violenze sul suo popolo), prigioniero com'è della sua ossessione privata trasformata da anni in questione di Stato: e da ieri purtroppo anche in questione internazionale. Nell'imbarazzo di Merkel e Sarkozy, abbiamo visto quel leader di un Paese europeo correre da Barack Obama, per investirlo inopinatamente con il tema della sua presunta "riforma della giustizia", assicurando che "per noi è fondamentale", quasi a chiedere aiuto al Presidente degli Stati Uniti, per poi lanciargli l'allarme finale disperato: "In Italia in questo momento esiste quasi una dittatura dei giudici di sinistra". Obama nella solennità di Westminster aveva appena rilanciato il concetto di Occidente, invitando Europa e America a ridare a quel concetto dignità politica. Quel Premier che come Capo del potere esecutivo attacca il potere giudiziario e definisce dittatura la nostra democrazia istituzionale dimostra di non sapere nemmeno cos'è l'Occidente. Va fermato con il voto, nell'interesse di tutto il Paese". (Ezio Mauro-La Repubblica)

"L’ha rifatto ancora. Profittando del fair play diplomatico che impone ai leader del mondo di non mandarlo affanculo, il Cainano in gita premio al G7 e mezzo ha attaccato un bottone sull’emergenza toghe rosse al leader russo Medvedev, dopo aver fatto altrettanto con Obama.
La scena ricorda quella di certi vecchietti scatarranti che bivaccano nei bar della Brianza e raccontano al primo avventore che capita le proprie disavventure con la moglie che li tradisce con l’idraulico.
Ma esistono anche precedenti nel mondo dello spettacolo: da Strarompi, indimenticabile personaggio di Paolo Panelli, a Gianrico, il giovane rompipalle interpretato da Sordi in Via Padova 46 - Lo scocciatore, che si apposta dietro l’uscio in attesa che esca per la passeggiata pomeridiana il vicino di pianerottolo, Arduino alias Peppino De Filippo, poi gli s’appiccica addosso guastandogli il relax e insufflandogli nelle orecchie con voce petulante i suoi problemi personali: “Sor Arduì, ho passato una notte d’inferno, m’ha mozzicato una zanzara, ma proprio in un punto che nun me posso gratta’ né di qua né di qua, che me farebbe un grattino alla schiena, sor Arduì?”.
Così al vertice in Francia il piccolo stalker brianzolo arpiona a uno a uno i grandi della terra per coinvolgerli nei suoi guai giudiziari. Incredibilmente infatti Obama, Medvedev, Sarkozy, Merkel, Zapatero, Cameron, Naoto Kan se ne sbattono allegramente dei suoi processi, preferendo concentrarsi su problemi trascurabili come le radiazioni di Fukushima, la guerra in Libia, la primavera araba, i negoziati israelo-palestinesi, la crisi finanziaria internazionale, i tornado che devastano l’America, cosette così.
Da un po’ di tempo i vertici del G7 e mezzo si son trasformati in autentici calvari per i sette leader del mondo, a causa di questo anziano molestatore che si apposta dietro gli angoli, con fotografo al seguito, per sfogarsi un po’ con loro sui suoi problemi privati. Avevano anche pensato di non invitarlo più, ma poi hanno avuto pena per lui. Così si sono passati parola: appena lo vedono avvicinarsi, si rifugiano alla toilette simulando improvvisi attacchi di gastrite o danno disposizione ai rispettivi staff di chiamarli al telefono non appena lui si aggira nelle loro vicinanze.
Ma Strarompi, in un modo o nell’altro, riesce sempre a vanificare le misure di sicurezza. L’altroieri, a uno stranito Obama e all’esterrefatta interprete che faticava a tradurre concetti tanto sconnessi, ha raccontato la dittatura dei magistrati di sinistra e la riforma epocale della giustizia.
Ci aveva già provato due anni fa al G7 e mezzo di Londra, quando alla foto di gruppo si mise a sbraitare “Mister Obamaaaaaa! Sono quiiii!”, ma quel giorno era presente la regina Elisabetta d’Inghilterra che, rompendo un silenzio cinquantennale, si voltò di scatto, strinse a sé la borsetta e borbottò un “che bisogno c’è di strillare così forte?”.
Questa volta, intrufolandosi in un attimo di distrazione delle badanti e degli infermieri che lo hanno in cura, il nanerottolo s’è fiondato con agile balzo sul presidente Usa per rovesciargli addosso le sue manie di persecuzione. Sperava di ricavarne, oltre alla foto ricordo accanto all’abbronzato più famoso del pianeta, almeno una frase di circostanza o di comprensione da spendere nella campagna elettorale domestica. Invece Obama, che non l’ha mai voluto incontrare se non in luoghi molto affollati, l’ha liquidato con un paio di “ok” (traducibili in un romanesco “e sti cazzi?”), mentre la Merkel faceva la faccia spazientita e Sarkozy richiamava all’ordine l’attempato discoletto invitandolo a tornare al posto.
Ieri il petulante vecchietto s’è sfogato sulle “ben 24 accuse infondate” con Medvedev, che l’ha assecondato sorridendo, come si fa con i casi clinici, non senza rimpiangere quei bei manicomi siberiani di una volta.
Manca solo che qualcuno, impietosito dalle sue precarie condizioni psicofisiche, gli allunghi una banconota dicendo: “Tenga, buon uomo, ora però abbiamo da fare”. (Marco Travaglio-Il Fatto Quotidiano)

mercoledì 25 maggio 2011

Premio Nobel alle donne africane



"È importante premiare le donne africane per fare in modo che le vere protagoniste dell'Africa escano dall'anonimato": è così che l'eurodeputato dell'Italia dei Valori, Niccolò Rinaldi, ha dichiarato il proprio sostengo alla campagna NOPPAW che vuole far assegnare il Nobel per la pace alle donne africane, iniziativa presentata anche a Bruxelles nei giorni scorsi. "Chiunque viaggi in Africa - aggiunge il capodelegazione Idv - sa che la donna è la pietra angolare di quel continente. Ho viaggiato per più di 40 paesi africani e in ognuno di essi ho un ricordo in cui la donna è protagonista. Sposo questa iniziativa di rottura sulla procedura di assegnazione ad un solo individuo del Premio Nobel - conclude Rinaldi - per quella presenza di umanità diffusa che ha diritto di essere riconosciuta".

Adesso basta con il razzismo e la xenofobia!

Ho vissuto con questi ragazzi bengalesi descritti qui sotto nell'articolo del 'Corriere della Sera. Ho passato con loro quasi un mese lo scorso febbraio per farne un servizio per capire come vivevano a Roma, essendo la maggior parte di loro senza documenti o irregolari. Ho passato con loro ore e ore a Piazza Navona, Piazza di Spagna, Fontana di Trevi, Porta Portese, Pantheon, Colosseo e Campo de' Fiori. Ho parlato con loro, volevo capire come vivevano qui. Volevo farne un articolo da vendere a qualche settimanale che nessuno ha voluto. Ora vedo che queste persone sono oggetto di una persecuzione di stile fascista e nazista e che gli stanno mettendo addirittura dei braccialetti marchiandoli. I vigili romani, che con Alemanno hanno un potere mai visto prima, li avevo già visti trattare come bestie queste persone, accanendosi contro di loro e il loro istinto della sopravvivenza, in difesa di un non meglio imprecisato abusivismo o copiatura di griffe firmate (come se levassero qualche soldo alle boutique di lusso di via Condotti...). Posso assicurare che queste persone sono le più miti del mondo, che vogliono vendere qualche rosa, qualche ombrello o qualche borsa per aiutare le loro famiglie in Bangla Desh. Non posso credee che in questa Italia si sia arrivati a tanto. Adesso è l'ora di dire 'Basta!' a questo ritorno alla xenofobia e di cacciare via questi fascisti che un tempo venivano a picchiarci nelle scuole (ed erano proprio Alemanno, Storace e La Russa, tanto per fare qualche nome), sdoganati dal satrapo di Arcore per i propri interessi.

"Un braccialetto di carta al polso degli immigrati venditori abusivi. Con su stampigliati cinque numeri. Ad applicarlo, durante un’operazione antiabusivismo nel centro storico di Roma, gli agenti del I Gruppo della Polizia Municipale. «I bracciali ci permettono di identificare questi venditori con la merce che abbiamo loro sequestrato, è un sistema di garanzia», si è limitato a spiegare a caldo il comandante del gruppo Stefano Napoli. Ma questa novità, scoperta dalle associazioni che si occupano di immigrati quando le immagini sono apparse nel tg locali, fa gridare all’orrore «Quei numeri ci fanno tornare agli anni più bui della storia del ‘900…», protesta Alessia Montuori dell’organizzazione di difesa degli immigrati Senzaconfine.
«SPIEGHINO QUALE LEGGE APPLICANO» - «Vorremmo proprio sapere – aggiunge Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio - a quale legislazione appartenga questa novità, che non ci risulta in nessuna normativa…». Difende il bracciale della discordia il comandante della polizia municipale Angelo Giuliani, che spiega: «E’ la legge che impone che non si faccia confusione – spiega Giuliani -. Quello è solo un braccialetto temporaneo di carta come si fa negli ospedali, per non commettere errori. Proprio nell’interesse degli immigrati in questione. Non avete idea di quanta merce abbiamo sequestrato e dei controlli che si sono prolungati fino alle quattro del mattino». E agiunge: «E’ stato adottato un segno non invasivo, non drammatizziamo. Ma per chi ci avete preso? Abbiamo adottato una disposizione interna».
«COME AL VILLAGGIO VACANZE» - Aggiunge Stefano Napoli, comandante del I Gruppo: «Ma non siete mai stati in un villaggio vacanze? Appena arrivati vi mettono un braccialetto. Ecco, abbiamo operato in garanzia come si fa anche in un ospedale, perché le madri non perdano i loro figli. Abbiamo usato un materiale leggerissimo, per essere sicuri di operare bene…».Fa eco a queste spiegazioni il presidente della Confcommercio, Cesare Pambianchi: «Ben vengano tutti i provvedimenti utili a debellare il fenomeno della vendita illecita di merce contraffatta in tutte le sue forme, e dunque anche il ricorso al braccialetto numerico, se necessario».
POLEMICHE E TRISTI MEMORIE - «Trovo infatti fuori luogo e inutili in questo momento - incalza Pambianchi - polemiche o addirittura fantasiosi accostamenti con avvenimenti del passato che nulla hanno a che vedere con la situazione attuale. Quello che dovrebbe essere l’interesse di tutti è porre un freno all’escalation della contraffazione. L’uso del braccialetto non è altro che uno strumento per agevolare le operazioni di riconoscimento dei venditori abusivi, che altrimenti, come spesso è accaduto in passato, sfuggirebbero alle azioni di controllo e repressione».
L'ARCI: «SCHEMI ODIOSI» - Pollice verso invece da parte delle organizzazioni che si occupano di immigrati. «Ormai in piena e totale disinvoltura vengono riproposti schemi più che odiosi – spiega Claudio Graziano, responsabile Arci per l’immigrazione -. Pochi giorni fa durante gli sgomberi dei rom alla Magliana sono state marcate con delle x alcune baracche, insomma è stata usata vernice per dire ciò che si doveva abbattere e cosa no. Ora ecco questi bracciali, una schedatura che è una criminalizzazione bella e buona e che è stata già vista nella storia, un simbolo di identificazione etnico che fa orrore. Chi l’ha deciso? E’ solo farina della Polizia Municipale?».
«RICHIAMA IL NAZIFASCISMO» - A Senzaconfine puntano il dito contro il Comune: «Fa orrore che il Comune – spiega Alessia Montuori – possa autorizzare schedature di questo genere spacciandole forse per iniziative di pubblica utilità». «Atroce collegamento venditore merce», indica Stefano Galieni responsabile immigrazione del Prc. Giovanna Cavallo di Action Migranti definisce i bracciali «guinzagli». «Così viene attuata una forma di giustizia che richiama non a caso il nazifascismo…». Il più caustico è il portavoce di Dhuumcatu, l’organizzazione dei bengalesi: «A questo punto – spiega Bacchu – sento il dovere di ringraziare la polizia municipale che ha deciso di usare soltanto bracciali di carta. Così non siamo stati marchiati a fuoco sulla fronte. Grazie… Si limitano ai bracciali, come le pecore che hanno i numeri stampigliati sulle orecchie»". (Corriere della Sera)

martedì 24 maggio 2011

C'erano una volta le cicogne

""Era il più grande stormo di cicogne bianche mai osservato nel centro del Mediterraneo. Uno spettacolo meraviglioso, ma le cose belle durano poco se capitano in una delle isole del Mediterraneo avvilite dal bracconaggio, ed ancor di più se questo posto si chiama Malta. Le cicogne sono state subito accolte da numerosi colpi di fucile. Almeno sei sono cadute sotto gli occhi dei volontari di Birdlife Malta ed una settima è stata recuperata ancora viva. Almeno altre due sono state osservate in volo con le zampe spezzate dalla rosa dei pallini. Non è stato possibile osservare dove sono andate a posarsi o se sono cadute in mare. La situazione è andata sempre più peggiorando nelle ore successive... numerosi colpi di fucile sono stati uditi di notte nei pressi dell'aeroporto di Malta, dove gli animali si erano posati. Non è stato possibile verificare, in questo caso, quante ne erano state abbattute. Il Times of Malta ha pubblicato un racconto drammatico di una residente. Non ha avuto neanche il tempo di capire che sopra la sua casa era appena arrivato il meraviglioso stormo. Uno stridio di freni di un'automobile e subito l'attività di fucileria. Assieme alla madre ha assistito alla strage. I colpi erano così frequenti che sembravano quelli di una mitragliatrice... Una cicogna è andata a morire nel loro giardino. Cartucce in almeno tre diversi punti e sangue ovunque. Sulle piante, sul tetto della macchina, sulla strada e sui muri. I bracconieri seguivano le cicogne stremate dalla migrazione.mentre cercavano di posarsi per ristorarsi su Malta. Secondo BirdLife Malta a GeaPress molti di questi animali finiranno impagliati. Secondo Andrea Rutigliano, volontario italiano del CABS (Committee Against Bird Slaughter) che ha partecipato ai campi antibracconaggio di Malta, finita la caccia primaverile a tortore e quaglie (incredibilmente autorizzata dal Governo maltese) inizia quella ai limicoli (piccoli uccelli di ripa) e per gli impagliatori. Un numero enorme di cacciatori, oltre 10.000 (la densità più alta al mondo) ed un bracconaggio molto diffuso e dai toni arroganti, visto che spesso hanno dato vita a vere e proprie aggressioni contro i volontari. Una caccia ufficiale che consente di sparare in primavera, autorizza la cattura degli uccelli e consente di uccidere da veloci motoscafi. A Malta, con oltre diecimila doppiette ufficiali, le lobby venatorie hanno un rilevante peso politico. I due schieramenti, quello di governo (partito nazionalista) e di opposizione (socialisti) differiscono di un solo deputato." (da www.vittimedellacaccia.org-Firma la petizione
al Primo Ministro e al Ministro del Turismo maltesi contro la caccia primaverile e la strage degli uccelli migratori (firma, non fare scherzi...)". (dal blog di Beppe Grillo)

Gli intoccabili





Clandestini, extracomunitari, rom, napoletani, gente del Sud, disoccupati, poveri, bengalesi, gay, islamici, donne con burqa, uomini e donne dagli occhi a mandorla, uomini e donne di altra religione che non sia quella cattolica, arabi, stranieri, pregiudicati, trans, condannati, non italiani. Secondo alcuni trogloditi, che sono una buona parte dello Stivale, queste persone sono degli intoccabili. Non sapevo che l'Italia fosse divisa in caste. Quando chiuderemo in qualche gabbia questi trogloditi e butteremo via la chiave?




"Non vedete? La frattura tra politica e realtà, tra partiti e Paese si è ormai consumata. I giornali sembrano obituari dei vari Casini, Calderoli e Bersani e le apparizioni televisive di Berlusconi sono la riproduzione dei filmati Luce del ventennio fascista. Fantasmi sempre più evanescenti evocati dalle trasmissioni televisive per scannarsi come cani rabbiosi e fare audience. Un vecchio mondo ci lascia, con i suoi apparentamenti, le percentuali di voto, i ballottaggi, le alternanze fasulle e i suoi leader artefatti. Un mondo senza luce, né informazione, con cittadini esclusi da ogni decisione e la forza pubblica usata contro di loro come sola difesa da una poliarchia (copyright Giovanni Sartori) per affermare leggi ingiuste e prevaricazioni sociali come una volta si usavano i soldati di ventura contro i sudditi. I partiti non sono tutti uguali, ma sono tutti partiti. Intermediazioni tra il cittadino e la cosa pubblica. Sovrastrutture senza valore aggiunto, se non per sé stesse. I politici sono immuni a qualunque crisi. I partiti sono il passato, saranno cancellati dalla Storia, lo percepiscono e reagiscono negando la realtà. La Rete rende le persone consapevoli e favorisce nuove forme di aggregazione, di partecipazione. Il contrario delle organizzazioni verticistiche dei partiti. Non lo sentite il vento del Maghreb? Il ghibli caldo e secco dei migranti che soffia sui sistemi decrepiti delle false democrazie occidentali dove l'unico gesto concesso è mettere una croce su una scheda? Gli strilli dei giornalisti, le nuove oche del Campidoglio nutrite a forza di finanziamenti pubblici sono sempre più striduli. Il foie gras che servono a tavola quotidianamente ai loro padroni sono il mantenimento dello status quo e la distruzione dell'avversario, senza mai discuterne le idee. Guitto, cialtrone, comico fallito, fascista del nuovo millennio, estremista lenilista (forse anche un po' stalinista) sono gli insulti che mi rivolgono. Non hanno capito nulla del cambiamento, ne sono esclusi. Lo spirito dei tempi lascia dietro di sé la politica fatta con i soldi. Il futuro è post ideologico e una nuova generazione sta prendendo coscienza di sé e del precipizio finanziario, sociale, economico creato dall'attuale sistema. Cambiare il sistema e emarginare chi l'ha creato e consentito è l'unica scelta. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure". (dal blog di Beppe Grillo)


"Per fortuna non solo c’è un’altra Milano, come si è visto, ma è anche fatta di gente che combatte egoismi e chiusure con l’ingegno del cuore e una capacità creativa che della città rilancia le migliori e più generose tradizioni.
Così mentre si smantellano i campi rom e il presidente del Consiglio inveisce contro Zingaropoli, il presidente del Conservatorio “Giuseppe Verdi” Arnoldo Mosca Mondadori, 39 anni, figlio di Paolo Mosca, nipote di Giovanni e pronipote di Alberto Mondadori nonché discendente del leggendario Arnoldo, ha aperto le porte del suo Istituto ai ragazzini rom: “Hanno la musica nel Dna, non possiamo abbandonarli alla strada!”.
Nel suo recentissimo “Di Profilo. Ritratti di italiani lontani dai riflettori” (Mondadori, 179 pagine) Chiara Beria di Argentine racconta bene questo personaggio metà artista e metà mistico, una specie di Danilo Dolci della post-modernità, e delinea l’orizzonte dell’iniziativa. Così, insieme a don Virginio Colmegna, anima della Casa della Carità, quattro professori del Conservatorio hanno selezionato i più talentuosi facendogli seguire due corsi di violino e di fisarmonica tenuti nelle aule del Verdi dagli studenti delle classi superiori.Il progetto è stato finanziato da una signora, Marisa Baldoni, in memoria del marito Vittorio. I ragazzi stanno lavorando alla prova di fine anno.Dopo di che, spiega Mosca Mondadori, “suoneranno con la strepitosa orchestra multietnica di via Padova. Sarà un concerto per Milano”. Che Dio benedica Zingaropoli". (dal blog di Filippo Ceccarelli)

Luigi De Magistris e Giuliano Pisapia sindaci di Napoli e Milano




"Sostiene Berlusconi: "Con la sinistra Milano diverrebbe una città islamica". O "diverrebbe Zingaropoli". O cadrebbe nelle mani violente dei centri sociali. O peggio ancora, senza più condizionale: "Sarà Stalingrado". La campagna del premier non potrebbe essere più tossica, menzognera. Ancora una volta, tenta la seduzione degli elettori immettendoli in una bolla d'inganni: non idilliaca stavolta ma cupa, sinistra. Nella sua retorica, idillio e fiele combaciano, l'insulto si fa incontinente. La bolla è chimerica anche quando non offre una vita al riparo da crisi e mutamenti (una sorta di Milano-2 allargata, tranquillizzata dal recinto che la protegge da incursioni straniere), perché il miraggio della vita in nero non è meno scollato dall'oggi.Non ha rapporto con la crisi economica cominciata nel 2007, e dal premier sempre negata, né col disastro che colpisce ormai più generazioni - di ventenni, trentenni, perfino quarantenni - condannate a un precariato senza futuro in cui sperare. Non ha rapporto con quello che sta accadendo in tanti paesi, da Spagna a Islanda: l'onda di collera verso politici incapaci di dominare, spiegare, intuire quel che la stasi della crescita rende necessario nei paesi sviluppati: più competizione ma trasparente, più bisogno di veder riconosciuto il merito, più giustizia e dunque legalità. Gli indignados delle amministrative italiane, lo vedremo, hanno ritenuto che il Nuovo stesse in luoghi inesplorati della politica.La chimera unita all'insulto ha come scopo quello di produrre allucinazioni, immagini distorte delle realtà vissute. È ancora peggio dell'illusione, perché l'allucinazione è una droga che ti mangia da dentro. I dizionari spiegano che è una percezione di sensazioni senza alcun oggetto esteriore che la faccia nascere. Chi è in preda all'allucinazione non vede il tempo scorrere o lo vede correre caoticamente, non è in grado di smascherare l'inganno che l'ha cattivato, e incattivito. Vive come il popolo imprigionato nei sotterranei del film di Kusturica: sulla superficie la terra è cambiata, il Muro è caduto. Underground, sottoterra, è sempre Stalin contro Hitler, e guerra fredda infinita. Il cattivato voterebbe perfino Jack lo Squartatore, se gli dicessero che in cambio non ci saranno Zingaropoli, centri sociali, Stalingrado.Così nella propaganda di Berlusconi: nulla sulla superficie della terra conferma l'esistenza di orde di zingari che premono alle porte delle città con il coltello fra i denti, nulla fa pensare a Stalingrado (icona della seconda guerra mondiale e della guerra fredda), con le bandiere rosse sventolanti ovunque. Ma l'allucinato non se ne cura: sullo schermo vede proiettato non l'oggetto delle vere paure quotidiane ma una paura cosmica, così potente che oltrepassando la realtà cerca nemici fittizi per placarsi. Hai paura dell'inferno? chiede Berlusconi: non ci siamo che noi per tenerlo a bada, riscattarti, redimerti. Continua a spaventarti, perché lo spavento è la tua e quindi la mia forza. Solo noi, Uomini Nuovi, abbiamo la tenacia e la faccia di bronzo per sventare il caos. Hayek chiama tutto questo fatal conceit. È l'idea che "l'uomo sia capace di forgiare il mondo che gli sta intorno secondo i propri desideri". Accusava il comunismo, ma ogni ideologia monocratica si nutre della paura del diverso, è concezione fatale insidiata dall'errore.Il fatto è che quelli che si presentano come Uomini Nuovi o non lo sono più, o non lo sono mai stati. Non lo è Berlusconi: affermando che Mani Pulite fu un atto sovversivo inteso a liquidare i partiti che avevano dato all'Italia benessere e progresso, si è dichiarato l'erede, se non la reincarnazione, del vecchio regime eroso da corruzione e patti mafiosi. La Lega è un caso diverso: quando nacquero le leghe, negli Anni 80, la novità c'era anche se colorata di populismo e razzismo d'altri tempi: vituperare Roma ladrona indicava desiderio di disfarsi delle partitocrazie rivelandone corruttele e doppi Stati. Secondo la ricostruzione di Roberto Biorcio, professore di sociologia a Milano, la Lega contribuì in maniera decisiva non solo a Mani Pulite, ma al successo popolare delle inchieste giudiziarie (La rivincita del Nord, Laterza 2010). Accettare che si parli di quei magistrati e di quelli che oggi indagano su corruzione e mafia come di brigatisti, di un cancro, di gente antropologicamente diversa, è per la Lega un rinnegare se stessa. (Rinnegamento assente, invece, nella destra di Fini).Progressivamente i leghisti si son trasformati in tutori di interessi particolari, bigotti, ostili al cambiamento, sia quando il nuovo si presenta come società non più omogenee, già multiculturali, sia quando si presenta come società della crisi, di giovani tagliati ormai fuori non solo dal lavoro ma anche dagli studi (2,1 milioni, secondo l'Istat). È quello che si fatica a capire, alla vigilia del ballottaggio di domenica prossima. Il Nuovo che berlusconiani e leghisti promettevano non ha dato risultati. Delle promesse non resta che una smorfia: altro non è la pernacchia di Bossi teletrasmessa lunedì. I votanti magari premieranno tale degenerazione ma credo che pochi lo faranno sperando alcunché.Il primo turno ha mostrato quali possono essere i volti nuovi, dopo falsi inizi e tracolli della seconda Repubblica. Nuovi non solo rispetto a berlusconiani e leghisti, ma anche a una sinistra che per 17 anni ha sottovalutato l'anomalia di Berlusconi, legittimandone l'ascesa, il successo, l'intreccio (mai percepito davvero come conflitto) fra l'utile personale-aziendale e l'utile politico. Non è un caso che le novità appaiano nelle due città più inferme d'Italia: Milano e Napoli. Milano secolarmente allettata dall'estraneità al bene pubblico e allo Stato unitario. Napoli infiltrata dalla camorra, guastata da giunte di destra e di sinistra. L'appoggio dato per anni a Bassolino ha fatto un male incalcolabile al Pd, ed è grave che questi se ne sia accorto solo fra il primo e il secondo turno di queste elezioni.Certo non sono ancora chiari, i programmi di Pisapia o De Magistris. Ancor meno lo erano quelli della Lega, nei primi Anni 90. Ma la rottura di continuità c'è, e assai meno equivoca di allora. Così come c'è rottura di continuità in Fini, che ha scelto di ricostruire una destra fondata sull'unità nazionale e la legalità. Quando Beppe Grillo dice che Pisapia e Moratti sono la stessa cosa è anch'egli parte del vecchio, pur respinto da tanti suoi elettori. Di un vecchio che trascura le mutazioni economiche nel loro insieme e non cerca la soluzioni adatte. Che tuona contro Marchionne senza provare a udirne gli argomenti, con la stessa foga con cui i sindacati difesero la vecchia Alitalia nel governo Prodi.Il vecchio è un Paese malato non solo a causa di Berlusconi, ma di una classe dirigente che non affronta le cose come stanno, lavorando sull'armonizzazione tra necessità economiche, tutela dei diritti della persona, equità e legalità da resuscitare. Che non dice quel che andrebbe detto: una società che vuol guarire dovrà nascere dall'insieme di culture e religioni che ormai la compongono, e sentirsi responsabile di una gioventù minacciata, che la generazione del '68 ha sacrificato pur di attribuirsi buone pensioni. Se c'è una cosa che in Italia è mancata non è la concordia, ma un vero conflitto di generazioni. Ne aveva e ne ha bisogno, per non patire degli odierni ingiusti squilibri. Invece di un sano conflitto generazionale abbiamo avuto per quasi un ventennio il malsano, osceno conflitto d'interessi. E abbiamo, in fine corsa, la pernacchia di Bossi. L'appello del card. Bagnasco a destra e sinistra, perché smettano "risse inguardabili e noiose" e approvino il testamento biologico, è fuorviante. Un appello morale alla responsabilità non può sorvolare, oggi, sull'essenziale: la riscoperta del bene comune e della legalità, a Milano e Napoli. Tre marce su Roma sono partite da Milano (Mussolini, Craxi, Berlusconi) e hanno portato o alla guerra o alla stasi. Forse è venuta l'ora di rompere la bolla, di capire che ripetere il passato è solo distruttivo. Non ha senso ripetere il '68, incurante della legalità e non ancora messo alla prova dall'immigrazione. Né ripetere il voto del '48, gridando al lupo comunista. Stalingrado è spettro del mondo di ieri, non di oggi. Del mondo che vive underground, convinto che nessun muro è ancora caduto". (Barbara Spinelli)


"Ora, pure Barack Obama è preoccupato per il futuro di Napoli. La diplomazia a stelle e strisce si è attivata per conoscere chi governerà la città che ospita il Comando della VI Flotta della US Navy. E per capire che ruolo avrà Nicola Cosentino nelle scelte di Gianni Lettieri, in caso di una sua elezione a Palazzo San Giacomo. Lo hanno chiesto direttamente al candidato del centrodestra gli emissari del Governo statunitense che la scorsa settimana hanno incontrato pure Luigi De Magistris.Da Washington è stata mobilitata l’Ambasciata a Roma: all’ombra del Vesuvio è stato spedito di corsa il responsabile politico di David Thorne, Peter Brownfeld. Gianni Lettieri ha varcato per primo la soglia del Consolato americano con affaccio sul Golfo di Napoli, giovedì di buon mattino. Era l’incontro più atteso dai diplomatici americani. A lui, come a De Magistris, le domande di rito: sul programma, sulle proposte, sulle idee per risolvere, tanto per cominciare, l’emergenza ambientale. Un tema caro al Governo statunitense, che da tre anni ha avviato un costoso monitoraggio di acqua, aria e terra nelle zone di Napoli e Caserta.Perché l’emergenza rifiuti è diventata allarme nella comunità statunitense di stanza a Napoli, circa 10 mila tra militari e civili, tanto da dover rifornire tutti di acqua minerale anche per lavare i denti. Angosce puntualmente riportate nei cablogrammi destinazione Washington DC partiti da Roma e Napoli, recentemente svelati da Wikileaks. Documenti in cui traspare tutta la preoccupazione anche per i temi legati alla sicurezza e alla criminalità organizzata. Per questo, gli emissari della Casa Bianca hanno chiesto conto a Lettieri dei suoi rapporti con Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario del governo Berlusconi rinviato a giudizio per camorra: perché il timore di una marcia su Napoli di Nick ‘O Mericano pare essere molto temuta aldilà dell’oceano. Ancor più, dopo l’uscita del Presidente della Camera, Gianfranco Fini: «È difficile dire a un napoletano di votare per uno dietro il quale c’è l’ombra di Cosentino» ha detto il leader di Futuro e Libertà.Un rapporto ambiguo, quello tra il candidato del Pdl e il suo leader regionale, una piaga su cui il suo avversario continua a spargere sale. Lo ha fatto sempre durante i “faccia a faccia” televisivi degli ultimi giorni: «Le mie liste sono pulite – ha ripetuto De Magistris – La mattina non devo fare la conta per vedere se tutti sono a piede libero. Lettieri si è fatto accompagnare per tutta la campagna elettorale da Cosentino». La replica, in tre dibattiti senza esclusioni di colpi, è un attacco insistito sulle sue inchieste giudiziarie: «Da pm hai fatto solo danni», accusa Lettieri. Curioso che, proprio nelle ultime ore, sia arrivato un involontario endorsement da Lorenzo Cesa, uno dei principali indagati nell’inchiesta “Poseidone” dell’ex pm di Catanzaro: «Chi sostiene Lettieri è fuori dal partito», ha detto il segretario dell’Udc dopo che due consiglieri provinciali hanno pubblicamente garantito l’appoggio al candidato Pdl. Un principio, precisano i centristi, che «vale anche per De Magistris». Una formula di rito, più che una vera e propria dichiarazione di non voto: alcuni “grandi elettori” del Terzo Polo napoletano, infatti, stanno già lavorando per spostare migliaia di voti sull’europarlamentare. Che ha già incassato il sostegno incondizionato del Pd, anche senza un apparentamento formale: meglio evitare segnali equivoci e inciuci col partito di D’Alema e Bersani. L’accordo c’è ma non si vede: l’elettore che ha scelto De Magistris, convinto che rappresenti il cambiamento, non approverebbe la scelta di correre al secondo turno con il partito delle primarie fasulle. Per questo, per il Pd non ci sarà premio di maggioranza in caso di vittoria del candidato dell’Idv: nell’assemblea comunale siederanno i soli 4 consiglieri che hanno conquistato un posto al sole 8 giorni fa. Il paradosso è che, in caso di affermazione di Lettieri, per effetto della legge elettorale, il numero raddoppierebbe. Per questo, c’è chi teme che la scelta di chiudere all’ipotesi di accordo formale col Pd possa rivelarsi un boomerang per De Magistris, con quattro papabili consiglieri che, aldilà delle posizioni pubbliche, in gran segreto potrebbero fare il tifo o, addirittura, sostenere il candidato della Destra. Con un pacchetto di quasi 10 mila voti a disposizione. Non sarà un caso se, nelle ultime ore, si siano fatte insistenti le voci di incarichi da assessore per almeno due degli esclusi. Piccole manovre da Ancien Régime e un’aria da vittoria annunciata che possono rappresentare l’ultimo ostacolo per De Magistris nella corsa alla poltrona di Sindaco di Napoli. Tanto più che, dopo essersi affidato fino a oggi alle cure di Claudio Velardi, Lettieri ha consegnato il timone del suo comitato nelle mani di Fulvio Martusciello, fratello dell’ex viceministro del governo Berlusconi, e vera macchina da guerra elettorale. All’insegna del «meno chiacchiere, più voti». (Il Fatto Quotidiano)

""Milano è stata l'Eldorado d'Europa. Come si fa a lasciarla nelle mani del populismo plebeo di Bossi e di quello plutocratico di Berlusconi, interpretati per un grigio quinquennio dalla pochezza culturale di Letizia Moratti?". Con queste parole, dopo vent'anni di ritirata, di ripiegamento neghittoso su se stessa, torna in scena la cosiddetta borghesia illuminata milanese. Lo fa con l'auto-convocazione del plenum del Gruppo 51 (per cento) per sostenere nell'ultimo miglio la candidatura a sindaco di Giuliano Pisapia.Coagulato da Piero Bassetti, classe 1928, olimpionico nella staffetta a Londra nel 1948, master alla London School of Economics, assessore a Milano negli anni Sessanta, primo presidente della Regione Lombardia e deputato dimissionario nel 1974 quando cominciò a vedere le danarose corti dei vari Frigerio assise al Savini, il Gruppo ha scelto un sito evocativo del riformismo ambrosiano: il vecchio circolo socialista De Amicis. E' qui che i 101 professionisti, banchieri, manager, imprenditori, economisti, architetti, sociologi che per primi hanno firmato l'appello, danno stasera il benservito al blocco sociale conservatore che da un ventennio fa da tappo all'unica possibile "Glocal City" a sud delle Alpi, vagheggiando con Pisapia un blocco sociale nuovo e alternativo. Né di sinistra né di destra, composto di lavoratori e professionisti, di borghesia tradizionale e di neo-borghesia dei flussi e delle reti, come la definisce Aldo Bonomi, con quello che si chiamava ceto medio e gli immigrati che ormai controllano e dirigono il 13 per cento delle imprese milanesi.Altro che Zingaropoli.Al De Amicis sfilano stasera in sobrietà, cifra tradizionale della vecchia borghesia meneghina, giuristi come Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, banchieri come Alessandro Profumo e Piero Schlesinger, economisti come Pippo Ranci, Fabrizio Onida, Marco Vitale e Mario Artali. E poi l'ex presidente della Consob Salvatore Bragantini con Rosellina Archinto, l'avvocato Cesare Degli Occhi con il collezionista d'arte Giuseppe Berger, il notaio Giuseppe Fossati con il filosofo Fulvio Papi, il designer Fulvio Ronchi con la pubblicitaria Annamaria Testa. Una folta pattuglia socialista e un pezzo del Nuovo Polo, rappresentato, tra gli altri, da Bruno Tabacci."Non siamo qui per i begli occhi di Pisapia - esordirà lo speaker Piero Bassetti, che ci preannuncia i temi della serata - ma perché abbiamo visto profilarsi il miracolo dell'alternativa, né di destra di sinistra, ma incarnato da una persona che ha creato consenso senza soldi e senza partiti. Di fronte a una città e a un paese male amministrati, alle insulsaggini di Bossi sull'immigrazione, alle fesserie sui ministeri al nord, e alla miopia ringhiante di Berlusconi. Ora si può rimuovere questo blocco sociale conservatore che fa da tappo alla città e al paese. Il cambiamento urge non tanto per lo scandalo Ruby. Si sa, il potere è afrodisiaco, si può anche tollerare un puttaniere al comando, ma non far finta che non sia insidiata la democrazia in un paese che, tra l'altro, ha un parlamento di nominati".Sì, inutile negare che la partita di Milano si salda con quella nazionale, anche perché è qui che si sono sempre prodotte le fasi politiche innovative.Tra il 1960 e il 1967, con la giunta del sindaco socialdemocratico Gino Cassinis, con Bassetti assessore al Bilancio, alle Finanze e all'Organizzazione, fu lanciato il Piano Milano che realizzò 144 mila vani di edilizia popolare, 30 scuole, il parco che costeggia viale Forlanini. Municipalizzò il gas della Edison con una battaglia campale appoggiata da Enrico Mattei, che aveva fondato Il Giorno, allora foglio progressista. Si fece il primo prestito di 2 milioni sulla Borsa di New York con l'aiuto di Raffaele Mattioli. Si creò in stazione Centrale il servizio di assistenza al Treno della Speranza, che arrivava tutte le notti dal sud, carico di immigrati, per i quali si istituirono corsi di alfabetizzazione."Oggi invece - lamenta Bassetti - si vive di paure indotte da una classe politica in gran parte insulsa, così oscurantista da non capire che non basta innalzare qualche grattacielo dell'Expo, che nutrire il pianeta è un tema che trascende le beghe politiche per le quote di potere, che la sfida non è il rifiuto dell'immigrazione, ma la gestione di un fenomeno ineluttabile, che è anche un'opportunità per fare veramente di Milano l'ottava Glocal City d'Europa. Il sindaco di Rotterdam è un immigrato. A Milano il credito al consumo erogato agli immigrati è pari a quello erogato ai milanesi. Banca Intesa ha costituito l'Extra Bank, istituto multietnico. Perché sa, come sanno tutte le altre banche, che se li buttiamo fuori dalle balle come vorrebbe Bossi, tagliamo di netto il 10 per cento della nostra economia e andiamo a fondo. Mi hanno definito un protoleghista perché con la sinistra di Base, sostenemmo l'autonomismo regionale. Ma i nostri riferimenti erano Salvemini, Miglio e Zerbi, non l'incultura leghista".Cosa hanno in mente dunque i redivivi borghesi illuminati, oltre a una decente amministrazione per Milano, ormai rattrappita nel suo bozzolo di neo-populismo fatto di arcaicità, provincialismo gretto, affarismo e potere rivolto all'interesse di pochi, se domenica prossima vincerà Pisapia? Molti di loro non negano nell'attuale situazione assonanze con gli anni Sessanta, quando qui con un nuovo blocco sociale si crearono le condizioni per il primo centrosinistra nazionale. Ma anche dissonanze, perché i partiti non hanno più il peso di allora e il populismo berlusconiano ha cambiato il sistema, nel senso che le leadership nascenti di sinistra contengono adesso elementi populistici, sia pure a "consenso critico" e non "acritico", da tifoseria, come quello di destra. E non è facile coniugare il vecchio partitismo con le nuove forme di leadership.Ci vollero tre anni perché l'esperimento del centrosinistra milanese fosse replicato a Roma, dopo molte resistenze, compresa quella di Aldo Moro. "Perciò attenzione - avverte Bassetti, che ne discute da mesi con gli altri "congiurati" - se vinciamo a Milano, il recepimento nazionale non sarà rapido. Non solo perché Bossi rischia di rimanere abbracciato a Berlusconi nell'agonia, rinviando il 25 luglio del berluscoleghismo, come i naufraghi che affogano. Ma anche perché il Pd dovrà adeguarsi ad alternative del tipo Pisapia. Non più l'Ulivo, ma forme neo-populiste a guida tranquilla e gentile. Il modello inglese che consente al leader di non dover negoziare. "Sì" o "no", come al parlamento britannico. Quindi, meglio non improvvisare, se no la sinistra rischia grosso". Non sarebbe la prima volta, avvertono al De Amicis. Al riformismo milanese seguirono le degenerazioni del craxismo e il berluscoleghismo. Addio Eldorado". (a.statera@repubblica. it)

Che nessuno tocchi la Rete





































Volevamo dire anche la nostra opinione ma tutti i canali erano chiusi.



Volevamo partecipare alla ricchezza comune ma tutti i posti erano stati presi.



Volevamo volare ma ci avevano spezzate le ali.



Volevamo correre ma ci dicevano di stare seduti.



Volevamo divertirci e ci mandavano a scuola per poi non trovare nessuna occupazione.



Da un tubo catodico ci mostravano strani personaggi indicandoceli come vip da imitare, poi abbiamo scoperto che ci stavano imbalsamando in un mondo di figuranti.



Ci parlavano come a degli idioti per venderci pannolini ed automobili che non volevamo e non potevamo comprare.



Per guadagnarti da vivere dovevi farti cooptare in un mondo che non ti apparteneva.



Se volevi esprimerti dicevano che eri un estremista.



Se volevi vendere un oggetto per strada dicevano che eri un abusivo e si prendevano tutto.



Se volevi conoscere delle persone dicevano di restare nel tuo guscio.



Avevamo viaggiato il mondo conoscendo popoli e culture diverse ma in patria avevamo trovato la lega.



Non facevamo in tempo a nascere che facevamo già parte di una setta religiosa che ci diceva cosa era male e cosa era bene.



Poi abbiamo scoperto la Rete.

Sta crollando?!?



lunedì 23 maggio 2011

Vaffanculo Berlusconi



"Mentre Milano corre al ballottaggio, è tempo di mercato delle vacche, specialità del bieco personaggio che sforna le promesse più bislacche. Per cominciare, almen due ministeri:non si sa ancor se quelli della Lega oppure quelli, di piacer forieri,con Carfagna e Brambilla, un duo che strega. Per ottenere il voto di Casini il Papa avrà due sedi: il Vaticano e in più, per i fedeli meneghini, nei giorni pari, il duomo di Milano. A tutti quelli cha han votato a destra una bella Bat-casa sarà data,c on il ring, la piscina, la palestra, ovviamente esentasse, una figata. Potranno i cittadini milanesidare la caccia ai rom e ai musulmani, ma sol tre volte all’anno per due mesi e, beninteso, senza usare i cani. Omosex free sarà tutta Milano, con il divieto per lesbiche e gay di passeggiare mano nella mano, pena una multa di duemila sghei. Non pagheranno tasse i cittadini né pagheranno le contravvenzioni, purché dimostrin d’esser meneghini. A pagare saran solo i terroni. Ed in ogni circoscrizione, infine,a sera bunga bunga di quartiere con partecipazion delle Olgettine, i Letizia e del vecchio puttaniere".


"Quella di Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia non è stata una caduta di stile. E' stata una espressione dello stile reale della Moratti, chiacchiere e sorrisi da sciùra meneghina bene a parte. Lo dimostra la volgare e maniacale insistenza di Berlusconi e del suo sodale Umberto Bossi nel lanciare accuse campate per aria contro il concorrente della Moratti sindaco. La mascalzonaggine dell'accusare Pisapia di voler fare di Milano una "zingaropoli musulmana" è duplice, anzi triplice. Intanto non è affatto vero che Pisapia vuole "una moschea in ogni quartiere", e anche se fosse non si vede dov'è lo scandalo. Pisapia ha solo messo in chiaro che anche i musulmani hanno diritto ad un loro luogo di culto, pagato peraltro di tasca propria. Il che non significa affatto voler musulmanizzare Milano. La volgare e bugiarda accusa del tandem BeBo, Berlusconi Bossi, alias l'accoppiata sessuomane mister Bunga Bunga e il senatùr padano "La Lega Ce l'haa duro", mostra un robusto razzismo e "dalli all'untore" contro i musulmani. Che spesso sono molto più civili e decenti di Bossi e anche di Berlusconi, per non dire delle accolite che li contornano.
Infine il razzismo contro i rom. Poiché i rom hanno subito dai nazisti un Olocausto (termine peraltro fuorviante perché nella bibbia indica un rito di sacrificio a Dio) sul piano numerico meno grave di quello subito dagli ebrei, ma percentualmente più grave, ne consegue una gigantesca dimostrazione di ipocrisia di chi ancora oggi sbraita contro i rom e giustifica sempre Israele in quanto "Stato di tutti gli ebrei del mondo" e in quanto gli ebrei hanno subito il pesante sterminio per mano nazista. Qui i due pesi e due misuri sono smaccati: lo sterminio subito dagli ebrei viene utilizzato per rendere intoccabile la politica israeliana, mentre lo sterminio dei rom viene ignorato in modo da poter continuare a trattarli a pedate come sempre. Altro che negazionismo, riduzionismo e relativismo! Ci si riempie la bocca e i giornali quasi ogni giorno di Shoà e Memoria a senso unico, ma nessuno sa che la Shoà dei rom ha un suo nome, anzi due (Samudaripen e Porrajmos). Ah, i guasti della Memoria priva di memoria... . Per essere il partito dell'amore, come lo hanno definito il cavaliere (di che???) e l'impagabile signora Santanché, non c'è male. In ogni caso la volgarità morattiana e berlusconiana è certificata in modo inequivocabile dal tentativo di comprarsi i voti dei milanesi al balottaggio promettendo all'improvviso di eliminare balzelli come quello dell'ecopass. Manco si trattasse della Napoli di Achille Lauro. Ci viene in mente il film 'Qualunquemente', con il protagonista che per vincere le elezioni promette "più pilo per tutti", dove per "pilo" si intende il pelo ovviamente pubico e annessa zona limitrofa. Ci manca solo che la sciùra Moratti sbrachi definitivamente promettendo anche lei "più pilo per tutti" e, dato che c'è e per non farsi mancare nulla, compresa una maggiore modernità "europea", "più priapo per tutte".
Insomma, dalla Milano da bere a quella da comprare con i pochi euro dell'ecopass, quelli delle multe e con il bunga bunga per tutti. Moratti è sulla buona strada: dopo la promessa di abolire l'ecopass ecco le altre promesse di facilitazione del traffico automobilistico dei privati, ora aspettiamo solo che vengano abolite le multe. E - perché no? - magari anche le tasse sull'immondizia, l'Ici e quant'altro. A cosa spinge la disperazione e l'ingordigia del voler restare aggrappati al potere. "Solo per il bene dei cittadini", ovviamente... .
Le Moratti e i Berlusconi sorridono e sono gentili finché si tratta di essere in realtà condiscendeneti, paternalisti e padronali verso chi obbedisce ai loro desiderata o comunque non ha nessun modo per contrastarne il potere e lo strapotere. Ma se si trovano di fronte qualcuno che non fa la riverenza, non si piega e può diventare un ostacolo reale allora cambiano musica: i denti del sorriso diventano zanne per mordere, spezzare e sbranare. No, quella delle accuse di filoterrorismo lanciate dalla Moratti contro Pisapia non è stata una caduta di stile. E' stato lo stile della sciùra Moratti. E' come se le fossero caduti il belletto e i trucchi vari fotografici che nei manifesti elettorali le ringiovaniscono il volto, le rendono porcellanati i denti e cillestrini gli occhi, anche se a onor del vero sempre con un senso di vacuità e freddezza sorprendente: cadendo il belletto e i trucchi ecco apparire il volto un po' vizzo, le occhiaie e quant'altro che denota - legittimamente - la sua età reale. Se guardiamo bene le foto di Berlusconi, si nota che anche nel suo caso è benevidente lo strato di cerone..." . (Pino Nicotri-Senza Bavaglio)

"Pubblico l'intervento di oggi alla Camera dell'On. Antonio Borghesi prima del voto sul decreto omnibus:
"Questo è il governo delle balle e Berlusconi è il capo di un governo delle balle. Le balle che ha raccontato agli Italiani sono tali e tante che è difficile ricordarle tutte.Governo delle balle. Quella della riduzione delle tasse. Era lo slogan elettorale del 2001 e prima ancora del “contratto con gli Italiani: “meno tasse per tutti”. Il Presidente delle balle non perde occasione per dire che “le tasse non sono aumentate” e che “non abbiamo messo le mani nelle tasche dei cittadini”. Ma com’è che oggi la pressione fiscale è attorno al 43% , ma secondo alcuni studi quella reale è al 52% .
Eppure Lei, Presidente delle balle, ancora nel 2008 dichiarava: ridurremo la pressione fiscale sotto il 40%”. Ed ancora quest’anno: “Entro la legislatura (cioè entro il 2013) meno tasse per le famiglie, il lavoro e la ricerca”. Nel 1994, prima delle elezioni politiche, proponeva addirittura un’aliquota unica per tutti i contribuenti e l’esenzione per “i poveri”. E nel 2002: “Con la riduzione delle tasse per i meno abbienti si potrà contribuire alla crescita dei consumi e alla creazione di nuovi posti di lavoro”, dice il 28 settembre. E ancora, il primo marzo 2004, dopo tre anni di governo: “Servono meno tasse e meno vincoli per rilanciare consumi e investimenti”. Invece, non si è vista nessuna riforma dell’IRPEF (promessa anche nel “contratto con gli italiani” del 2001). Non è stata abolita l’IRAP (pur definita la tassa più odiosa). La pressione fiscale (nel “contratto” ne fu promessa la riduzione sotto il 38%) è attualmente al livello più alto d’Europa; non c’è stata l’abolizione delle tasse automobilistiche, pure promessa. Secondo uno studio della Banca Mondiale ("Paying Taxes 2011"), i tributi e i contributi sociali pesano sulle imprese italiane per il 68,6%, contro una media europea di 44,2% e mondiale di 47,8%. Su 183 Paesi esaminati dallo studio, l'Italia è al 17esimo posto nella graduatoria dei Paesi con la tassazione sulle imprese più elevata ed è la più alta in Europa. E poi aumentare le tasse sulla benzina non significa forse mettere le mani nelle tasche degli Italiani? E quando non le ha messe le ha fatte mettere direttamente dagli Enti locali toglierndo loro 15 miliardi di trasferimenti all’anno.
Governo delle balle. Presidente del consiglio delle balle. Come quella raccontata nel 2001 del dimezzamento del tasso di disoccupazione , dell’aumento delle pensioni e della creazione di 1 milione e mezzo di posti di lavoro. Balla ripetuta il 12 maggio 2011 afferma: “Sono convinto che con il decreto sviluppo nel giro di un anno diminuirà la disoccupazione. Ma la realtà è che il tasso di disoccupazione era del 9% nel 2001 e tale rimane nel 2011. Ci sono oggi in Italia due milioni di persone in cerca di lavoro. Con una differenza che il tasso di disoccupazione giovanile oggi è drammatico: dieci anni fa un giovane ogni cinque non trovava alcun lavoro, oggi è uno su tre in Italia, contro uno su venti in Germania. Ed il livello salariale netto in Italia ci vede in coda alla classifica dell’Ocse: solo la Grecia fa peggio di noi!
Governo delle balle. Presidente del consiglio delle balle. Che vengono raccontate anche a coloro che si trovano in piena sofferenza e quindi sono più deboli e indifesi, come i terremotati dell’Aquila. Le sue mirabolanti promesse dopo il disastro si rilevate ancora una volta solo delle grandi balle. “Le case per tutti entro l’autunno”, “i tempi della ricostruzione”…. Il 12 dicembre 2008 a Chieti ha dichiarato "...noi garantiamo anche che nel rilancio delle infrastrutture, a cui daremo vita a partire dal giorno 18 prossimo, in cui approveremo, al CIPE, 16 miliardi e 600 milioni di euro destinati alla realizzazione di infrastrutture, e fra queste infrastrutture ci saranno le infrastrutture di cui avete bisogno, le opere manutentive di cui avete bisogno, ci sarà la velocizzazione della Pescara - Roma con il raddoppio di alcune situazioni di questa linea.". Il C.I.P.E., si riunì effettivamente il 18 dicembre 2008, quindi sei giorni dopo le sue dichiarazioni, invece di 16 miliardi di opere ne approvò meno della metà, ma fra queste “zero interventi” per l’Abruzzo. O come l’altra balla, sparata il 17 settembre 2010: “Abbiamo ricostruito un’intera città” . Il dato vero è invece che nel secondo anniversario del sisma, il centro cittadino era ancora morto, circa 37 mila cittadini restavano fuori casa, e tonnellate di macerie coprivano il centro storico.
Governo delle balle. Presidente del consiglio delle balle. Inventate ad ogni piè sospinto. Come quelle raccontate sulle immondizie a Napoli, quando nel maggio 2008 ai napoletani raccontò che “entro luglio Napoli sarà liberata dai rifiuti” e “con il decreto rifiorirà”. Promessa prontamente ripetuta il 28 ottobre 2010 (oltre due anni dopo) accorciando i tempi: : “Entro tre giorni Napoli sarà pulita”. Il 26 novembre 2010, dopo un vertice sulla crisi della spazzatura, allungava i tempi : "… credo che la situazione di emergenza a Napoli si possa risolvere in due settimane". L’ultima promessa risale al 30 dicembre 2010: «Entro Capodanno non ci sarà più immondizia nelle strade di Napoli». Da allora nulla è cambiato, tra l’evidente imbarazzo generale anche della Commissione Europea. Non contento in vista delle elezioni torna a ancora e giù nuove balle: quelle sulle case abusive e sulla tassa sulle immondizie.Governo delle balle. Presidente del Consiglio delle balle. Come quelle sulle opere pubbliche. Nel 2001 disse “Apriremo i cantieri per almeno il 40% degli investimenti previsti dal "Piano decennale per le Grandi Opere" considerate di emergenza e comprendente strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, reti idriche, e opere idro-geologiche per la difesa dalle alluvioni. Dopo dieci anni di Legge obiettivo la percentuale di opere portate a termine è stimata nel 21%!.Governo delle balle. Presidente del Consiglio delle balle. Come quelle inventate a Lampedusa. L''invasione dei migranti del Nord-Africa sarà risolta in 48, al massimo in 60 ore. "Chiederemo per l'isola il Nobel per la pace". Concederemo a Lampedusa "una 'moratoria fiscale, previdenziale e bancaria' almeno per un anno finalizzata a trasformarla in "zona franca". Rilanceremo il turismo attraverso "servizi in tv pro isola di cui abbiamo incaricato Rai e Mediaset". "Lampedusa sarà sede di un casinò"… “realizzeremo un campo da golf, una scuola e infrastrutture sanitarie”. Pare che il sindaco di Lampedusa si sia rivolto a “Chi l’ha visto?”, ma neanche lì hanno saputo dargli notizie!Governo delle balle. Presidente delle balle. Come quella del blocco del programma nucleare e della costruzione di nuove centrali. E la sua affermazione di una settimana dopo: “Se fossimo andati oggi al referendum, non avremmo avuto il nucleare in Italia per tanti anni. Per questo abbiamo deciso di adottare la moratoria, per chiarire la situazione giapponese e tornare tra due anni a un’opinione pubblica conscia della necessità nucleare. Siamo assolutamente convinti che nucleare sia il futuro per tutto il mondo. L’energia nucleare è sempre la più sicura.”. Parola di abitanti di Fukushima!
Da dieci anni Lei governa questo Paese grazie alle continue balle che racconta agli Italiani, che spesso Le hanno creduto perché Lei è bravo a raccontarle. Come ha detto un giornalista che ben La conosce, Indro Montanelli, Lei è “Un piazzista che trascina con false promesse”.Ma dal voto del 15 maggio è evidente che la maggioranza degli Italiani ha smesso di credere alle sue balle. Potremo dire che si sono rotti le balle di crederle. E noi di Italia dei Valori che non ci siamo mai sognati di darLe la nostra fiducia urliamo forte insieme a quegli Italiani che l’ora è finalmente giunta: “Fora dai bal!”, Mister President". (dal blog di Antonio Di Pietro)