lunedì 30 agosto 2010

Il cattivo sdoganatore

"Lo psiconano ha la stoffa dello sdoganatore. Iniziò con Fini, proposto sindaco di Roma ai tempi in cui ancora nelle manifestazioni si gridava: "Fascisti carogne tornate nelle fogne". Proseguì portando un partito secessionista al Governo. Ha sdoganato persino Gasparri come ministro delle Telecomunicazioni, un'impresa considerata impossibile da chiunque. Ha incontrato qualche resistenza nello sdoganare Bottino Craxi, ma poi non si è più fermato. Ha sdoganato la Brambilla, la Carfagna, persino Gelli e lo stalliere Mangano. Poi si è dato alla politica estera e ha sdoganato Putin, il sincero democratico ricordato nei suoi libri da Anna Politkovskaja, una delle centinaia di giornalisti uccisi in Russia. Ultimamente sta sdoganando Gheddafi, quasi a tempo pieno, tra un cammello e una hostess e un baciamano. Chi si piglia si somiglia e lo psiconano e Gheddafi sembrano veramente due gemelli. Chi sarà il prossimo? Il colpo grosso è atteso per l'autunno, un nuovo caravanserraglio è in arrivo dalla Corea del Nord, sarà sdoganato il "Caro Leader", Kim II Sung insieme al Mostro della Laguna Nera. Come li sdogana Testa d'Asfalto non li sdogana nessuno". (dal blog di Beppe Grillo)

domenica 29 agosto 2010

Armiamoci e partite

"Ieri camminavo in spiaggia tra le persone. Qualcuna mi riconosceva e mi faceva una domanda che era poi sempre la stessa: "Cosa succederà dell'Italia? Come ne usciremo? Cosa si può fare?".Qualche volta iniziava un dialogo, una conversazione e si aggiungeva via via altra gente ad ascoltare. Mi sembrava di fare un comizio a Hyde Park a Londra, dove chiunque può salire su una cassetta di frutta e arringare i passanti. Ero sulle dune di sabbia invece che ai giardini pubblici. La diagnosi dei mali d'Italia era quasi sempre condivisa: l'occupazione dello Stato da parte dei partiti, il declino della scuola, della ricerca, la deindustrializzazione, la perdita di valori morali, il lento incagliarsi del baraccone in cui viviamo nelle secche dell'indifferenza. Alcuni gridavano: "Forza Grillo!", "Sei l'unica speranza rimasta, Grillo!". Più li ascoltavo, più mi preoccupavo. Provavo la sgradevole sensazione di un "Armiamoci e parti (io da solo)". E ho cominciato a interrogarli chiedendo come avrebbero cambiato le cose. Le risposte erano sempre al condizionale: "Farei, direi, progetterei...". Alla mia domanda sul perché non "Fate, dite, progettate ora?" e passassero all'indicativo presente, le facce cambiavano espressione, gli sguardi si facevano più sfuggenti ed emergeva una lieve irritazione contenuta, come a rimproverarmi di uno sgarbo. La moglie di un medico ospedaliero mi ha spiegato che suo marito non può mettersi contro il sistema, lo distruggerebbero, lo stesso ha detto un impiegato statale, un commesso di un grande magazzino, un vigile urbano. Non vogliono correre il rischio di perdere il poco o molto che hanno. E questo li inchioda al muro come uno spillone con una farfalla. Li capisco, ma fino a quando la maggioranza degli italiani ragionerà così non ci saranno cambiamenti radicali. La responsabilità individuale si ferma di fronte al proprio benessere, ma senza responsabilità individuale, senza il coraggio della denuncia, dell'esporsi in prima persona non c'è un progetto di società. Gli italiani sentono il rumore della cascata, sanno di essere su una barca piena di buchi, ma finché non precipiteranno nelle rapide, in molti rimarranno a guardare.Leo Longanesi disse che gli italiani accorrono in soccorso del vincitore, ma per quello che ci aspetta, il default sociale e economico, non ci saranno vincitori, ma solo vinti. Di chi accorreremo in soccorso?Prigioniero di questi pensieri guardavo il mare, verso la Corsica, e mi è venuto in mente, non so perché, Newton, che non c'entra nulla con il futuro dell'Italia: "Mi sembra soltanto di essere un bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare ogni tanto un sasso o una conchiglia più bella del solito, mentre l'oceano della verità giaceva insondato davanti a me".Il nostro futuro è ancora tutto da scrivere. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure". (dal blog di Beppe Grillo)

domenica 22 agosto 2010

Vai


Buon compleanno

Oggi, 22 agosto 2010, è il mio compleannno. Compio 55 anni. Mia madre non mi ha telefonato, mio padre nemmeno, mia moglie ha fatto una festa per i miei ragazzi e i loro amici. Qualcuno, più lontano, mi ha fatto gli auguri. Ma gli amici di un tempo, quelli che credevo per sempre, non li sento più da qualche tempo. Nessuno mi ha dato un bacio o mi ha fatto un regalo. Se non fosse per questa Bellezza che intravedo nella Terra, direi che non sono poi così ricercato ed amato. Ma forse non è così...

venerdì 20 agosto 2010

Il Nulla avanza

"Il Nulla avanza ed erode ogni spazio, è difficile persino pensare in questi giorni di overdose del Nulla, si gira a vuoto come topi in un labirinto.Se la Natura rifugge dal vuoto, quel Vuoto noi lo abbiamo riempito con il Nulla. "Fantàsia muore perché la gente ha rinunciato a sperare, e dimentica i propri sogni, così Il Nulla dilaga, poiché esso è la disperazione che ci circonda. Io ho fatto in modo di aiutarlo, poiché è più facile comandare chi non crede in niente" (*). Il Nulla ripetuto per anni è diventato Reale, pieno di significati. Il Nulla ti avvolge, ti culla ed è piacevole sentirsi cullare. Discutere del Nulla si può e si deve con gli abitanti del Paese del Nulla, chi volesse parlare d'altro è considerato nel migliore dei casi un pazzo, un irresponsabile. Il Nulla è ovunque, sempre in cammino. Divora prati, generazioni, futuro. Il Nulla è una gomma da masticare che non si sputa mai, un eterno presente. Il Pensiero e il Nulla sono incompatibili come la democrazia e la dittatura. Il Nulla è il più feroce avversario del Pensiero. Ray Bradbury disse che non è necessario distruggere i libri, ma è sufficiente far sì che non siano più letti, e ottenere lo spegnimento delle menti.Il Nulla televisivo, consumistico, mafioso, economico, sessuale, culturale, sociale dilaga ovunque. Il Nulla è come una droga, più ne hai, più ne vorresti. E' il valium dell'anima, la morfina delle coscienze. I Personaggi venuti dal Nulla si moltiplicano di fronte a noi, i loro discorsi così pieni di Nulla ci accompagnano nei nostri pensieri quotidiani, infettano le nostre parole, distruggono le nostre sinapsi. Cos'è più facile del parlare del Nulla? Attraverso il Nulla ognuno può sentirsi importante senza essere Nulla. Se un Nulla è arrivato al vertice, ministro, presidente del Consiglio o della Repubblica, perché c'è la necessità di diventare Qualcuno?C'è un'altra vita di cui non sappiamo Nulla al di là della sottile intercapedine trasparente del Nulla. "Un sacco di gente sostiene di ricordarsi delle vite antecedenti; io sostengo, invece, di ricordarmi di un'altra vita presente. Non sono a conoscenza di simili dichiarazioni, ma sospetto che la mia esperienza non sia unica. Ciò che è unico, forse, è il desiderio di parlarne" disse Philip K. Dick. Un'altra vita presente! un piccolo pensiero sfuggito alla rapacità del Nulla per iniziare a disgregarlo, corromperlo, aprire un varco verso nuovi mondi e straordinarie possibilità. Il Nulla che ci comanda è solo una nostra proiezione, un palloncino in cui siamo rinchiusi. Basta un pensiero per bucarlo e iniziare a volare, all'inizio anche da soli. Gli altri seguiranno". (dal blog di Beppe Grillo)

domenica 15 agosto 2010

Aube


Mobilitiamoci

"Dalle colline del Cilento, tra le campagne e il mare, tra Punta Licosa e la Valle di Diano, penso alla strada che dobbiamo fare per conquistare l’Italia e liberarla dall’occupazione delle caste. Il partito dell’amore è divenuto il partito dell’odio: Berlusconi e Fini, i soci fondatori del Pdl se si potessero ammazzare lo farebbero senza remore. Berlusconi + Bossi rappresentano la nuova destra: eversiva, estremista, razzista e populista. E’ nato, nel frattempo, il terzo polo che, attenzione, non è la nuova DC,in quanto non ha nulla di popolare: è un’operazione di “palazzo”. Il terzo polo – quello che si presenta come la nuova destra liberale – è, in realtà, il riposizionamento, al centro, di una parte dei poteri forti: una fetta rilevante di Confindustria, probabilmente Montezemolo, un segmento significativo delle gerarchie ecclesiastiche che non tollerano più il folklore edonistico del sultano di Arcore, i finiani folgorati sulla via di Damasco sul tema della legalità, Casini e l’affine Caltagirone, Cuffaro (quello condannato per fatti di mafia, il vero azionista di maggioranza dell’UDC), Cesa (quello già coinvolto in inchieste su truffe all’unione europea), De Mita (il nuovo ideologo del terzo polo), Rutelli (alias Rutellone, il radical chic sinistrato sindaco di Roma, frequentatore anche di “incriccati” della P3, già Nuova P2). Ecco, il terzo polo non è il partito dell’amore, è il partito della normalizzazione. Raccolgono i frutti delle leggi vergogna berlusconiane che, soprattutto, i finiani hanno avallato dalla prima all’ultima e si presentano, oggi, come gli uomini nuovi, i salvatori della patria dal berlusconismo. In realtà, vogliono solo liberarsi di Berlusconi e rimanere, dalla casta, agganciati alle poltrone. Ovviamente, con alcuni finiani il dialogo su tanti temi è fattibile e, anzi, già in corso, penso, ad esempio, a Fabio Granata, ad Angela Napoli, con la quale ho, tra l’altro, un ottimo rapporto. Il PD è, complessivamente, in stato confusionale, per certi versi non pervenuto, anche se la maggioranza della classe dirigente, forte del sostegno del Presidente della Repubblica, ha il terrore del voto e pur di non votare farebbe un “ribaltone” anche con Totò Riina o con il tronista Costantino. Realpolitik, pur di liberarsi di Berlusconi alleiamoci anche con il diavolo. La verità credo sia una sola: una fetta significativa della dirigenza del PD non vuol cambiare, è nel sistema. O’ sistema. Nel resto del centro-sinistra che succede? Vendola ha avuto il merito di proporsi per le primarie come leader del centro-sinistra e di scoprire anche un modo innovativo di fare politica. Non devono prendersela, però, Nichi e Claudio Fava se qualche loro compagno di coalizione, tra i quali mi ci metto anche io, sottolinea che la squadra è più importante del leader e che lo stesso Nichi è solo uno della squadra, poi si vedrà tutti insieme, popolo e partiti, chi sarà il più convincente per sconfiggere le vecchie e le nuove destre. Nichi è, sicuramente,uno dei protagonisti di questa avventura straordinaria per cambiare la nostra amata Italia, non facciamone però una icona al di sopra di ogni critica, non voglio dire al di sopra di ogni sospetto (politico) altrimenti i miei amici si offendono. Si vince con la squadra, non con l’individualismo. Costruiamola tutti insieme, con dialogo e passione. La federazione della sinistra si sta muovendo con argomentazioni interessanti purchè non si pieghi nella logica del solipsismo politico, ma decida di partecipare a un’alleanza per la democrazia e la difesa della Costituzione. Quello che, però, trovo più interessante di tutto e di tutti, è il popolo che si sta mettendo in movimento. Il quarto stato dei buoni e degli indignati. La rete, le piazze, le fabbriche, i luoghi di lavoro, le manifestazioni: tanta gente che partecipa, ascolta, pone domande, lotta, vuole verità e giustizia, pretende una politica pulita, vorrebbe il merito e non la logica dei furbetti e dei raccomandati. Il popolo è con noi, è con quelli che si presentano puliti, con una storia trasparente alle spalle, che lottano per i diritti di tutti e soprattutto dei più deboli, senza scheletri negli armadi, ricchi di passione ed entusiasmo, capaci di dialogare con la gente senza mediazioni precostituite e, nello stesso tempo, con idee chiare ed innovative per governare, per unire un Paese dilaniato, per dargli prestigio e autorevolezza, rimettendo in moto l’economia e sconfiggendo la disoccupazione. In tutto questo Idv, il mio partito? Non l’ho certo omesso, anzi, come dire, dulcis in fundo. Vorrei che Idv prendesse la guida di un nuovo e diverso centro sinistra: antagonista al berlusconismo, che abbia nella questione morale e nella questione culturale le architravi della sua azione politica, con un progetto complessivo per il consolidamento dei diritti, con un programma economico che sappia tenere insieme la libera impresa e i diritti dei lavoratori che devono essere sempre più protagonisti del loro destino e della vita sociale, che sappia coniugare sviluppo economico e salvaguardia della natura, che imprima la svolta decisiva al contrasto ad ogni forma di criminalità. Idv deve essere coerente, senza contraddizioni tra chi pratica valori e chi, invece, razzola disvalore. Idv deve avere coraggio e non avere più tentennamenti: dialogare più profondamente con i movimenti e la società civile, formare una classe dirigente che sappia cogliere le straordinarie professionalità presenti nel Paese, deve offrire un messaggio politico chiaro e semplice, riformista e rivoluzionario allo stesso tempo. Siamo stati la vera e unica forza di opposizione in questi anni, strenui difensori della Costituzione Repubblicana, dimostriamo di essere la prima linea della coalizione pronta a sconfiggere Berlusconi e i normalizzatori post-berlusconiani; un partito protagonista, in grado di dialogare con il Pd – con il quale vorremmo trovare un accordo vero, con tutti quei militanti e dirigenti che vogliono, come noi, un’altra Italia - e con tutti gli altri, capacedi unire e non di dividere, rispettando gli altri e pretendendolo, senza condizioni strumentali (come quella che il Capo dello Stato deve essere al di sopra della critica, noi siamo per la laicità in politica come nella vita, nessuno è intoccabile). Se sapremo essere tutto questo il popolo del cambiamento, di chi non vuole più la casta ma una politica dell’interesse pubblico e del bene comune, ci seguirà: non nell’interesse di Idv, ma del Paese tutto. Oggi per sognare, ogni giorno per cambiare!". (Luigi de Magistris)

domenica 1 agosto 2010

Salviamo la nostra Italia!

"In un celebre passaggio del Manifesto, Marx inventa la formula del “comitato d’affari della borghesia”, per indicare i governi nelle società capitalistiche: un concetto analogo troveremo quattro anni più tardi in un altro testo del fondatore del “comunismo scientifico”, Il diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte. A quanti di noi, specialmente da quando il cavalier Silvio Berlusconi è “sceso in campo”, nell’ormai pleistocenico 1994, sono venuti alla mente quei riferimenti marxiani? Io stesso credo di averlo fatto su queste pagine on line. Ma ora mi rendo conto – e faccio autocritica – che quella definizione (efficacissima, come sovente ne capita di trovare navigando nel vasto oceano di Marx, che era tra l’altro grande scrittore, dotato di piglio satirico assai notevole) è fuorviante. Anzi, ora dico: magari il governo – quello che ci sgoverna – fosse il comitato d’affari della borghesia italiana! Per quanto “melmosa” (e qui uso un aggettivo gramsciano) sia la strada dei borghesi nostrani – e ne abbiamo prova ogni giorno –, se per borghesi intendiamo in senso proprio i detentori dei mezzi di produzione, per quanto risibili siano i loro argomenti, agghiaccianti le loro politiche (si vedano le ultime performances dell’uomo del maglioncino, l’ineffabile Marchionne, solo pochi anni diventato intoccabile e miracoloso come Padre Pio), scellerate le loro scelte strategiche, che hanno devastato o distrutto settori di punta, come il chimico, il tessile e più recentemente l’elettronica; ebbene, lo spettacolo della compagine governativa, e della vasta coorte di miserabili che si interfaccia con essa, è qualcosa di assai diverso. Non è neppure sufficiente evocare la “borghesia stracciona”, che ancora da Gramsci in poi tanti analisti critici della società italiana hanno storicamente posto sotto la luce del riflettore. Inadeguato parlare di “casta”, o usare il peggiorativo “cricca”. E il lessico inventato alla scoperta di Tangentopoli appare come un film in bianco e nero, l’immagine sbiadita di un documentario della “Settimana Incom” dove si vedono signori ancora molto “ingessati”, con abiti d’ordinanza, sottotono, che entrano ed escono dal Palazzo di Giustizia di Milano. Non è casuale che, come l’emergere dell’astro berlusconiano sia avvenuto sotto l’ombrello protettivo di una loggia segreta (massoneria deviata, dicono…), così il suo tramonto si collochi nel plesso di un’altra loggia, o forse loggetta, che raduna il “meglio” degli amici, e degli amici degli amici, del nuovo Principe. Li abbiamo visti, quei personaggi: in fotografia, in televisione, sulla rete: si assomigliano (quasi) tutti. Sembrano appena usciti da una seduta di fisiomassoterapia (c’è sempre una signorina Francesca – vero, dottor Bertolaso? – pronta a esercitare le sue magiche competenze sugli stanchi corpi di quegli ultrasessantenni, o ultrasettantenni, che ambiscono a trovare l’elisir non solo di lunga vita, ma di eterna giovinezza); sono tutti opportunamente trattati con lampade solari e prodotti da beauty farm, dove peraltro si recano periodicamente per rassodare ciò che è da rassodare, rilassare ciò che è da rilassare; sono levigati o meglio botulinizzati; sono pettinati e forse brillantinizzati, sia che abbiano chiome alla Verdini o teste di bitume modello Arcore; ostentano, insieme con i loro abiti griffati, la sicurezza degli impuniti che sanno di non poter incorrere nei rigori della legge. Vedi il ministro a otto pollici Brancher, il cui caso rappresenta uno dei punti più infimi dell’intera storia repubblicana; il che, in un Paese che ne ha viste davvero di cotte e di crude, da Portella della Ginestra a Piazza Fontana, fino al Pio Albergo Trivulzio di Milano, vuol dire davvero molto. Più di molto. Insomma, stiamo assistendo da troppo tempo nel silenzio – ora dell’insipienza, più spesso dell’ignavia, di rado dell’innocenza – a un precipizio nell’osceno: un insieme di persone, governanti e loro clientes, badanti, massaggiatrici, fotomodelle, escort, aspiranti ministre, aspiranti veline (che poi è lo stesso), faccendieri, intrallazzoni, voltagabbana di ogni sorte, pseudofinanzieri, pseudoimprenditori, pseudogiornalisti, tutti in busca di premi, ingaggi, concessioni, ville con piscina, BMW con autista, superattici da ristrutturare a spese di qualcuno o semplicemente da ricevere in grazioso, quanto ignoto, dono da qualcun altro. Le intercettazioni – le provvidenziali intercettazioni telefoniche, e perciò da bandirsi, nel disegno del Neoduce – degli ultimi giorni ci hanno rivelato un panorama che neppure il più acrimonioso, prevenuto, ideologo della sinistra che più estrema non si può, sarebbe riuscito a immaginare. Un grumo esteso, che si è dilatato come un blob inarrestabile un po’ dappertutto; parlamentari, industriali, magistrati, giornalisti, banchieri, e gli immancabili saprofiti dell’intermediazione: “conosco una persona”, “ci parlo io, a quelli là…”, “vi metto in contatto”, “so io come fare per raggiungerlo…”, “sì, ma io che ci guadagno”?”. E via seguitando, in una sequenza che incomincia con un valzer triste, alla Sibelius, e finisce in un grottesco pastiche, alla Stravinskij. Il berlusconismo, fase suprema del turbocapitalismo nella versione meneghina e insieme burina, ha vinto. E ora che lui, il Neoduce, sta per andarsene, la sua creatura ha ormai infettato il corpo del Paese, come una invasione di ultracorpi: non lo sappiamo, spesso tardiamo a riconoscerli, ma i berluscones sono tra noi. Parlano come noi, sì, a volte proprio come noi: e magari criticano il ducismo, l’illegalismo, l’immoralismo dell’uomo di Arcore; ma sono diventati troppo sovente portatori sani di quel virus. Bulimia di potere, insofferenza alle regole, concezione “sostanzialistica” del diritto (per cui ci metti dentro ciò che ti fa comodo, e ne togli ciò che può essere d’ostacolo ai tuoi interessi personali, di famiglia, di branco, di partito…), voglia di apparire, doppio registro di comportamento, inflessibili e rigorosi nelle dichiarazioni pubbliche (magistrato, docente universitario, manager, pubblico amministratore, politico di professione…), ma mafiosi e camorristi nelle pratiche concretamente inerenti allo stesso esercizio delle loro cariche, spesso usate soprattutto come gradini di una carriera che tende inesorabilmente (come dichiarò con cinica lucidità uno dei personaggi implicati, sia pure nell’infima del piccolo arrampicatore sociale, l’agente fotografico Fabrizio Corona), a tre obiettivi: 1. Il potere. 2. Il successo. 3. Le donne. Che, precisò, peraltro vanno dove c’è successo e potere. E, essenzialmente, dove si coglie l’odore dei soldi (concezione evidentemente poco sensibile alle istanze femministe, quella di Corona…). Con i soldi Berlusconi ha creato “dal nulla” (?) un partito, appoggiandosi alla rete dei suoi venditori di Publitalia; poi ne ha messo su un altro, con il mitico discorso del predellino, che come ogni atto e detto del Cavaliere egli è arciconvinto passi alla storia; e ora si trova a perderne un pezzo: il messaggio in replica alle dichiarazioni feroci di Fini, con cui si sanciva il divorzio politico, è stato da Berlusconi inviato ai “promotori” del “Partito delle Libertà”: promotori, lo stesso termine, in quanto identico il concetto, di chi deve vendere un prodotto, che siano cofanetti di bellezza, o polizze assicurative, o spazi pubblicitari. Questi sono addetti a vendere libertà: un tanto al chilo, ma la libertà secondo il Cavaliere. Una libertà che persino a un ex fascista come Gianfranco Fini è apparsa, come dire?, un tantino estranea alla democrazia e alla stessa cultura liberale. Una libertà di tipo aziendalistico, dove il proprietario detta gli “obiettivi” all’amministratore delegato, e alla schiera dei dipendenti: e chi non raggiunge tali obiettivi, guai a lui. Licenziato.Ma noi, noi tutti, quando troveremo la forza di licenziare lui? Sì, dico proprio lui, l’uomo che più di chiunque altri nel Dopoguerra, ha contribuito a devastare non soltanto l’economia, il territorio, l’ambiente, la cultura; ma la coscienza civile di questa Italia, che oggi è assai oltre la crisi di nervi. Possibile che in una situazione di crisi sociale e morale e politica come quella che stiamo vivendo non siamo in grado di dar vita a un movimento alternativo a questo panorama disgustoso? Ci accontenteremo delle congiure di palazzo per cacciare il nuovo Nerone? Contro questo mostruoso polipo che uno dopo l’altro va impadronendosi dei gangli vitali della società italiana, e sta cercando di impossessarsi anche dei nostri cervelli, non vogliamo tentare di suscitare, aggregare, e lanciare una resistenza organizzata, sistematica, capillarmente diffusa? Contro il “Partito della devastazione”, non vogliamo provare a dar vita a un “Partito della Salvezza”?Salviamo l’Italia. Liberiamoci di costui, della sua banda di corrotti e corruttori: salvare l’Italia, motto di Carlo Rosselli contro il duce, oggi dovrebbe forse essere la parola d’ordine per chiudere per sempre una pagina terribile della storia nazionale. Salvare l’Italia, prima che la riducano in brandelli, che, opportunamente commercializzati, saranno rivenduti da un esercito di “promotori”. Salvare la Costituzione, salvare la libertà di informazione, salvare l’indipendenza della magistratura, salvare i diritti dei lavoratori, salvare la scuola e la sanità pubblica, salvare l’acqua e i servizi essenziali dall’assalto dei privati: questi i primi obiettivi da perseguire, contro la marea fangosa di un governo non più circondato da nani e ballerine, ma immerso nello sterco del diavolo, il denaro, principio e misura di ogni valore, per citare ancora Marx.Salviamo l’Italia, contro i falsi profeti della “modernizzazione”. Formiamo “testuggine a resistere” (come disse Gaetano Salvemini, contro il fascismo), e passiamo al contrattacco, in una guerriglia culturale che usi ogni canale, ogni situazione, ogni occasione. E facciamo dell’autunno la stagione non solo del ripensamento, pur sempre necessario, ma di lotta. Diamo vita a una nuova “adunata dei refrattari”, e facciamo vedere, in concreto, che un’altra Italia esiste. (Angelo d'Orsi)